domenica 8 luglio
Mirna Gentilini, Presidente del Centro Studi Campaniani Enrico Consolini commentando il libro di Enrico Gurioli “Barche Amorrate” per l’editore Pendragon scrive: Non so come Campana avrebbe raccontato la storia della sua vita se gli fosse stato chiesto di scriverne . Certamente non si sarebbe soffermato sugli avvenimenti del suo periodo storico, né avrebbe narrato i particolari dell’esistenza, sovente travagliata, di amici o artisti a lui vicini, né sarebbe riuscito ad esporre in perfetta oggettività gli accadimenti che lo riguardavano, esaminandoli a 360°.
Avrebbe costruito però un quadro “visivo”della sua vita, descrivendo personaggi, luoghi, atmosfere, ambienti, scenari naturali ed urbani. Sarebbe passato , come se avesse avuto in mano una cinepresa, dai campi lunghi alle zumate, dai monti al mare, dal “muggente” Lamone all’ “acqua gialla d’un mare fluviale”.
E noi ci saremmo sentiti al suo fianco: avremmo scoperto l’uomo con le sue normalità e le sue bizzarrie, le sue azioni e reazioni ad un mediocre contesto sociale.
Così mi sono sentita mentre scorrevo le pagine del libro di Enrico Gurioli e mi sorprendevo di fronte ad un racconto che avrebbe dovuto essere per me risaputo ma che invece, leggendolo pagina dopo pagina, trovavo decisamente nuovo. Anzi inconsueto.
Non il romanzo verità, non la biografia cronologica, né lo stereotipo del pazzo o del poeta maledetto, ma l’uomo Campana, consapevole della sua malattia, che per dare senso alla sua esistenza segue “virtute e canoscenza” e cerca nella poesia il riscatto ad un destino che ritiene di non meritare.
Entro questo ambito il viaggio, una costante della vita errabonda del poeta, diventa un imperativo categorico che non si consuma solo sulla terra fra e i monti, ma anche sul mare e nei porti.
Nell’avere puntato la ricostruzione biografica, prendendo come base la vita in mare e del mare, sta la seconda novità del nuovo libro di Enrico Gurioli edito da Pendragon. Decisamente interessanti sono le pagine dedicate all’analisi dei canti marini, all’uso del linguaggio e alle motivazioni che giustificano ed interpretano quell’improbabile titolo “Barche amorrate”, considerato per lungo tempo un refuso del tipografo Ravagli.
Il mare quindi usato come metro per comprendere meglio le liriche di Campana valutando poi la vita e l’opera di un poeta che al mare ha assegnato il compito di dire se un uomo è un artista: “col caro mare nel petto, col caro mare nell’anima” come egli scrive. Sotto questa luce è spiegata anche la scelta del titolo “Canti Orfici” con chiaro riferimento ad Orfeo, dio dei poeti, ma anche marinaio che contribuisce con il suo canto al successo degli Argonauti nel loro audace viaggio in mare.
Le partenze, i ritorni, i luoghi della vita autentica di Campana scorrono davanti ai nostri occhi accompagnati dalle cronache del tempo e arricchiti di particolari che diventano fascinosi specie quando l’autore ci introduce nel mondo misterioso del porto del Rio de la Plata e ci parla del lunfard e dei tanghero, oppure fra i vichi marini di Genova.
Non dimentica Gurioli di trattare anche l’ultimo viaggio, quello chiamato amore,che lui definisce “storiaccia con Sibilla”, dal quale Campana coscientemente uscirà distrutto.
Un libro insomma in cui l’autore attraverso i canti marini, consapevole che la vita e la poesia di Campana sono un unicum, ci permette di riscoprire l’uomo senza dimenticare il poeta.
Mirna Gentilini (Presidente Centro Studi Campaniani)