A Marradi e a Crespino lavori di rifacimento del manto stradale

Giovedì 5 luglio
Nelle giornate di giovedì 5 venerdì 6 e lunedì 9 luglio verranno effettuati lavori al manto stradale su alcuni tratti della strada 302 nel Centro Abitato di Marradi (dal passaggio a livello ferroviario di Via Gaspare Finali al Lago in Via Sibilla Aleramo ) per circa 2,00 chilometri ed il tratto che attraversa la frazione di Crespino sul Lamone.
E’ ovvio che i lavori potranno comportare disagi dovuti alla necessità di vietare la sosta nei centri abitati, ma solo per il tempo necessario alla realizzazione del nuovo manto stradale.

“Giù per la China ripida” Campana e la bici

mercoledì 4 luglio
Alfredo Oriani pubblicò nel 1902 “La bicicletta”: “Virgilio cantò il cavallo, Monti il pallone, Carducci il vapore, molti la nave, nessuno ancora la bicicletta”. È il racconto del suo solitario viaggio nell’estate del 1897 per la Romagna e la Toscana (mille chilometri, scrive con qualche esagerazione), attraverso campi assolati, borghi, città, luoghi della memoria e della storia, come la Verna, Siena, Montaperti, Pisa. È il libro più importante e più bello dedicato in Italia al ciclismo e alla bicicletta. Di essa dice:”è la mia libertà, giacché dal primo giorno che inforcai la sella della bicicletta, mi sentii come un evaso, e voi sapete che solamente i prigionieri hanno della libertà una profonda passione e la più lirica idea””La bicicletta è una scarpa, un pattino, siete voi stessi, è il vostro piede diventato ruota, è la vostra pelle cangiata in gomma……….La bicicletta siamo noi, che vinciamo lo spazio e il tempo: soli, senza nemmeno il contatto con la terra che le nostre ruote sfiorano appena “.

Nei Canti di Castelvecchio (1903) Pascoli dedica una poesia alla bicicletta:

dlin … dlin… mia labile strada,/ sei tu che trascorri o son io?/ Che importa? Ch’ io venga o tu vada,/ non è che un addio!/ Ma bello è questo impeto d’ala,/ ma grata è l’ebbrezza del giorno…

Però a noi interessa quell’aspetto agonistico e dinamico, successivamente cantato anche dal Futurismo e rappresentato da Boccioni.
Avviciniamoci a Marradi e a Dino di cui si conoscono quattro versioni della poesia ciclistica:

“Giù per la china ripida” nel Quaderno, una ne “Il più lungo giorno” col titolo – Giro d’Italia in bicicletta (1° arrivato al traguardo di Marradi) -, un’altra dedicata a F.T. Marinetti col titolo “Traguardo” ed infine la parte centra dell “Immagini del viaggio e della montagna”.

Già nel 1907 fu fondato a Borgo S. Lorenzo il Ciclo Club Appenninico il cui primo presidente fu Francesco Arquint, di origini svizzere; nello stesso anno ci fu la prima edizione della Milano-Sanremo; nel settembre del 1909 ci fu il primo Giro dell’Emilia (insieme alla prima edizione del Giro d’Italia).

A livello letterario Luigi Graziani, di Bagnocavallo e docente al liceo di Lugo, scrisse in esametri la Bicyclula, In re cyclistica Satan, (1899, 1902), in cui, fra l’altro si riprende una polemica sull’uso, da parte dei parroci in tonaca, di tale nuovo mezzo.

Dal libro scritto da Rodolfo Ridolfi, campaniano doc, “Domenico Vanni, sovversivo per la libertà” Ed. Marradi Free, Newes, finalmente sappiamo il nome del vincitore di quella corsa cantata da Dino: appunto suo nonno Domenico Vanni nato nel 1889. Si riporta l’edizione dell’Eco delle Scalelle nel numero unico del 13 luglio 1952, pubblicato per la Festa della Madonna del Popolo. L’articolo firmato Adriano, sotto il titolo “Glorie del Passato Vecchi Tempi e Vecchi Campioni del 1909”, rievocando la corsa Firenze-Marradi del 1909, recita:

“Quella notte i cittadini marradesi, non chiusero occhio specialmente i giovani! In quella lontana giornata dell’estate 1909 era atteso l’arrivo, con ansia spasmodica, della prima grande corsa ciclistica Firenze-Marradi di oltre 90 Km che l’impareggiabile Cecchino Dal Pozzo aveva così brillantemente organizzato. Già alle 8 del mattino, un imponente gruppo di atleti, più di 70, è pronto per il via dal Ponte Rosso in Firenze, per slanciarsi, moderni dominatori dello spazio e del tempo, sulle allora deserte, assolate e polverose strade mugellane. C’era davvero motivo per perdere il sonno almeno per una settimana. Il meraviglioso, l’importante, l’incredibile, è che nello squadrone in partenza, insieme ai migliori dilettanti nazionali quali Marzocchini, Ciucchi, Guardiani e Mosconi, già celebri, ci sono anche i tre campioni locali: Betti Angiolino, Consolini e Vanni Domenico. Questi sono i nostri pionieri delle moderne avventure, i nostri primi eroi della bicicletta, i simboli e gli antesignani dei tempi nuovi, i beniamini di tutta la nostra gioventù. Tutta Marradi fin dalle nove si accalca sui marciapiedi di fronte all’ospedale e sembra che molta gente sia improvvisamente impazzita; “sono o non sono partiti?
Sì, devono essere sulla salita di Polcanto! Saranno arrivati a Borgo? Macché, nemmeno a Vicchio! Quanti sbaglieranno strada a Panicaglia? Devono essere a Ronta! A Razzuolo! Vorrei contare quelli a piedi sulla Colla di Casaglia! Ci sarà l’Avvocato a Camurano? Arrivano, eccoli, no è Parigino che si torna a casa! Largo, largo, eccoli! No è il cane di Lorenzone; lasciatelo passare che ha paura! È troppo tardi! No è troppo presto! Ormai è mezzogiorno e non arriva più nessuno! All’improvviso, sudato irriconoscibile, dondolante quasi come un ubriaco, accolto da mille braccia arriva il 1°; è il nostro Domenico Vanni! Non arriva a scendere che viene acclamato e portato in trionfo! Viva Vanni! La gloria c’è, la carriera non può mancare; tutti ne sono sicuri tranne proprio l’interessato!”.

Fra “quelli a piedi sulla Colla di Canaglia” ci deve essere stato Dino Campana. Riporto il mio commento nella recente ripubblicazione del “Quaderno”:

DALL’ALTO GIU’ PER LA CHINA RIPIDA
Dall’alto giù per la china ripida

O corridore tu voli in ritmo

Infaticabile. Bronzeo il tuo corpo dal turbine

Tu vieni nocchiero del cuore insaziato.

5 Sotto la rupe alpestre tra grida di turbe rideste

Alla vita premeva, gagliarda d’ebbrezze.

Bronzeo il tuo corpo dal turbine

Discende con lancio leggero

Vertiginoso silenzio. Rocciosa catastrofe ardente d’intorno

10 E fosti serpente anelante col ritmo concorde del palpito indomo

Fuggisti nell’onda di grido fremente, col cuor dei mille con te.

Come di fiera in caccia di dietro ti vola una turba
Dall’alto giù per la china ripida o corridore tu voli pedalando con ritmo infaticabile. Tu vieni, primo fra gli altri, col tuo corpo bronzeo nelle onde tempestose del gruppo turbinoso (o bronzeo per il turbine dell’aria che tu fendi?) (e come Caronte sbaragli le loro anime), e conduci (nocchiero) il tuo cuore che ha continua sete di gloria e di avventura (insaziato).Voli sotto la rupe alpestre tra grida di turbe risvegliatesi alla vita primeva fatta di gare e scontri atletici, che si infervorava d’ebbrezze.Il tuo corpo bronzeo, forte e pertinace, con uno scatto apparentemente leggero lascia il gruppo nel vertiginoso silenzio.I tornanti delle rocce catastrofiche ti videro come un serpente fra le curve, che anelante prendevi allo stesso ritmo dei tuoi palpiti; e tu fuggisti come sospinto dall’onda di grido fremente, rafforzando il tuo cuore coi mille cuori che ti acclamavano e a cui facesti provare la stessa emozione.
Gli altri staccati, volano in turba dietro a te, come fossero in caccia di una fiera.

Da Immagini del viaggio e della montagna nei C.O.
L’aria ride: la tromba a valle i monti

Squilla: la massa degli scorridori

Si scioglie: ha vivi lanci: i nostri cuori

Balzano: e grida ed oltrevarca i ponti.

E dalle altezze agli infiniti albori

Vigili, calan trepidi pei monti,

Tremuli e vaghi nelle vive fonti,

Gli echi dei nostri due sommessi cuori…..

Hanno varcato in lunga teoria:

Nell’aria non so qual bacchico canto

Salgono: e dietro a loro il monte introna:

. . . . . . . . . . . . . . . . .

E si distingue il loro verde canto

Bicicletta e Poesia di Silvano Salvadori.

Renato Ridolfi, classe 1919, ricorda il Battaglione L’Aquila a Tarvisio

martedì 3 luglio
Sono passati sessantadue anni da quando, il 1 luglio 1950 partii da Marradi per Cividale, sede dell’omonimo Btg.Alpini, cui ero destinato dal luglio 1943, mai raggiunto causa “l’8 settembre” il giorno del “gran lutto italiano”. A Tolmezzo, punto di raccordo, fui vivamente pregato, dal colonnello comandante di aiutarlo a risolvere, per lui un grosso e spiacevole problema: nessuno dei signori ufficiali amava recarsi a Tarvisio presso il Btg.l’Aquila sempre dell’8° Reggimento Divisione Julia , ma volevano “Cividale”. Per me che non conoscevo gli alpini abruzzesi, non fu difficile rinunciare al mio diritto ed accettai di buon grado “Tarvisio”. Il 2 luglio pomeriggio arrivai alla Caserma del Btg. L’Aquila per la nuova esperienza. Era domenica Caserma deserta. Mi aggiravo per i piazzali alla ricerca di qualcuno che mi illustrasse la situazione. Nessuno. Il motivo lo conoscerò in seguito: ragioni di tattica e logistica militare in quel confine di dopoguerra. Erano le 15,30 circa quando mi si presentò il capitano Gori, ex ufficiale dei paracadutisti, reparti in formazione, un viareggino felice di trovare lassù un toscano. “Piacere! Ridolfi, lei verrà con me. La sequestro volentieri: Il mio reparto le piacerà e ci sarà utile”. Aspettamo il capo magazziniere, serg.magg. Facchinetti che mi consegnò l’equipaggiamento utile. Io lasciai la mia valigia di civile e con la seggiovia del Priesnig abbandonammo Tarvisio per l’accampamento della terza compagnia sotto il Monte Canin. Alle 19, 30 circa ero investito del servizio più delicato e prezioso del reparto: le salmerie. Come ufficiale di prima nomina dal luglio del 1943, fui ritenuto il più esperto e adatto a quel settore ricco di uomini ed animali, e soprattutto in quel tempo di assestamento dei confini. Così ho conosciuto subito gli Alpini abruzzesi. Ottimi come tutti gli Alpini d’Italia, compreso l’attendente Santucci(nella foto). Ricominciò per me la naja alpina, che ho sempre nel cuore, con tutte le sue emozioni, che,” il mio cappello del 1943” mi ricorda e mi rinnova.
Alla compagnia col capitano Gori, che lascerà per ritornare a Pisa alla Centrale di paracadutismo, dove diventerà generale, c’erano il sottotenente Mario Giordano, il tenente Rizza, il maresciallo maggiore Berneri(?) monzese capo della fureria, un sergente maggiore maniscalco alle salmerie, il tenente Pintus, il tenente Sequenza (oggi generale) ed altri. Comandante di Brigata prima il colonnello Domenico Montanari, forlivese,fino al 31 agosto 1950 poi il maggiore Ottavio Sacco,che rimarrà a Tarvisio fino al 26 marzo1951 persona stimatissima, che conosciutomi, mi incaricò di studiare la possibilità di portare il Cinema-Teatro in caserma. Trattai con la S.I.A.E. di Tarvisio e il risultato fu positivo. Un successo utile per tutta la truppa della caserma, un po’ fuori dalla città di Tarvisio. Ebbi anche l’incarico di allestire una palestra di roccia. La trovai e organizzai in Rio Bartolo e la guidai fino al congedo in dicembre, quando non ascoltai l’invito del caro maggiore Sacco , che mi voleva fermo a Tarvisio, come aiutante di campo, al posto del ten. Asselle, che aveva deciso di lasciare l’ufficio per riprendere la vita dell’alpino attivo. Durante la mia permanenza a Tarvisio ho conosciuto bene don Fiorino, il Cappellano militare reggimentale. Ancora: il maggiore Sacco mi comandò, agli inizi di novembre del 1950, di rappresentarlo, a Gemona, ai funerali del tenente Maso Monti, figlio del generale romano dei bersaglieri Monti. Con Tommaso eravamo nello stesso plotone ad Aosta nel 1941. Lui era del 1920. Dopo l’8 settembre 1943, ci siamo persi di vista. Ci siamo ritrovati nel tarvisiano nel 1950 ad una Messa al Campo. Restò ucciso, dopo poco, durante una esercitazione a fuoco in un tragico incidente per l’esplosione di una bomba a mano lanciata da una recluta alpina. I due alpini sospettati furono poi trasferiti dal “Gemona” all’”l’Aquila” proprio nel mio plotone.

Renato Ridolfi