martedì 21 agosto
Non credo di essere il solo che quando pensa a Domenico Baccarini lo associa alle vedute di Faenza ed inevitabilmente alla Faenza dei Canti Orfici di Dino Campana. Domenico Baccarini era di sette anni più giovane di Campana, nato infatti nella città manfreda nel 1892, dove studiò il disegno per poi passare nel 1901, grazie ad una borsa di studio, alla Regia Accademia di Belle Arti di Firenze dove conobbe Costetti autore dell’unico ritratto ad olio esistente che raffigura il poeta marradese Dino Campana. Una parentesi romana, lo vede frequentare le lezioni della Scuola del Nudo presso l’Accademia di Francia, è di questo periodo la realizzazione del grande trittico “L’umanità dinnanzi alla vita”, opera incompiuta, modernissima ed antesignana delle elaborazioni cromatiche di Boccioni. Nel 1904 è di nuovo nella sua Faenza, dove nei primi anni del secolo, si era formato un gruppo di artisti particolarmente vocati alla maiolica. Domenico Baccarini, che muore nel 1907 a soli 24 anni, è autore dei grandi busti dei personaggi e degli artisti del suo cenacolo Beltramelli, Costetti, Golfieri, Nonni, Zanelli. Fra questi, come testimonia la sua produzione scultorea, dimostra di essere un talento straordinario. “Disegnatore e plastico per dote naturale, egli sperimentò ogni tecnica e fece incessante dono del suo sapere e del suo amore a tutti i suoi compagni di scuola e di lavoro ” (Ennio Golfieri, “L’arte a Faenza dal neoclassicismo ai nostri giorni”, 1977). Il cenacolo che da Baccarini prende il nome coinvolge artisti di grande talento come Domenico Rambelli, Giuseppe Ugonia ed a questa tradizione ed a questa scuola si formerà anche il pittore Franco Gentilini, autore dello splendido ed inconfondibile ritratto di Dino Campana. L’anno dopo la prematura scomparsa di Baccarini nel 1908, si svolge a Faenza la grande Esposizione Torricelliana, allestita in occasione del terzo centenario della nascita dello scienziato, e Gaetano Ballardini, uno dei massimi studiosi di ceramiche, fonda il Museo delle ceramiche.
Faenza per Campana sì anima di “qualche cosa di danzante”, presenze’ femminili attraversano le sue piazze come creature misteriose e affascinanti conferiscono però alla situazione qualche cosa di “danzante”, danno quindi una nota di vita. “La vita ha qui un forte senso naturalistico. Come in Spagna. Felicità di vivere in un paese senza filosofia”. Se ritorniamo all’anima danzante che sembrava invadere la piazza nel primo passaggio si potrebbe collegare quindi proprio alla danza questa felicità di vivere. La danza viene interpretata da Campana quindi come un impulso primario totalmente slacciato dalla razionalità e dalla riflessione. Faenza sembra incorporare l’idea dello slancio vitale e primario della danza. “II museo. Ribera e Baccarini. Nel corpo dell’antico palazzo rosso affocato nel meriggio sordo l’ombra cova sulla rozza parete delle nude stampe scheletriche”, spicca ancora una volta sullo scenario cittadino l’elemento artistico e la danza, “Durer, Ribera. Ribera: il passo di danza del satiro aguzzo su Sileno osceno briaco”. Come se una telecamera stesse preparando l’atmosfera per un evento che in questo caso non avverrà mai.
Rodolfo Ridolfi