Troppo spesso abbiamo assistito ed assistiamo al tentativo assai goffo, di distorcere o addirittura di rimuovere e di manipolare e addirittura falsificare l’essenza del pensiero di Dino Campana così come emerge dai suoi scritti. Qualche volta trascinandolo lontano dalle sue idee e dalle sue convinzioni.
Proviamo allora, senza la certezza di riuscirci, a fare un po’ di ordine su alcune idee di questo straordinario uomo di cultura, su questo poeta universale:
La passione con cui Campana ci lascia note, frasi, accenni, allusioni all’Italia, alla Germania, all’Europa, alla guerra, alle “razze“, alla questione nord-sud, la nettezza di certe sue prese di posizione, confermano un rapporto sottotraccia ma evidente tra letteratura e politica. Certo, quella di Campana non è una poesia con la politica per oggetto, ma letteratura che nasce dal contatto con la dimensione politica. L’ispirazione è Nietzsche attraverso le figure del “Germano” e dell’Italia che determinano la Tragedia e che lasciano intravedere un “vecchio triplicismo” e implicazioni culturali proprie del decadentismo; ma questo non è che il punto di partenza, la materia di cui Campana si serve per far scattare procedimenti poetici e politici assolutamente originali. Il “Germano” non è dunque un incidente di percorso e una boutade di provincia, come sostiene Soffici. Il significato della tragedia dell’ultimo Germano in Italia e la dedica al Kaiser, è Campana stesso a spiegarla “Ora io dissi: «Die Tragedie des letzen Germanen in Italien», mostrando di avere conservato la purezza morale del Germano che è stata la causa della loro morte in Italia. Ma io dicevo ciò in senso imperialistico e idealistico non naturalistico (cercavo idealmente una patria non avendone). Il Germano preso come rappresentante del tipo morale superiore (Dante, Leopardi, Segantini). Un forte senso di appartenenza ad una comunità, più grande nei rapporti fra l’individuo e la società, il passaggio dal germanesimo al populismo patriottico, dalle figure del “germano” e del boy whitmaniano a quella del “povero italiano” emigrante, risultano quindi coerenti al sogno di una comunità di patria”.
L’Italia del Canto proletario e il “povero italiano” si accomunano così al boy e al “Germano” in quanto vittime di un assassinio subito, massacro, non solo simbolico, ma letterale, se si pensa al fronte e alla trincea. In quest’ottica i Canti Orfici sono anche un “piccolo libro contenente poesie patriottiche” pensando alla “patria” come ad un fine che il movimento della vita e della scrittura di Campana non riesce mai ad intercettare.
I documenti ed i testi ci ricordano come il Comune di Marradi per lungo tempo sia stato oggetto di fortissime critiche per non aver fatto molto per onorare la memoria di Dino Campana. Il ministro della Cultura fascista Bottai sollecitato da Bargellini fu invece decisivo, nel 1942 per dare a Campana, dieci anni dopo la morte, una sepoltura dignitosa ed il giusto e solenne riconoscimento insieme a tutti gli uomini della cultura del tempo.
Sempre i documenti e gli atti ci confermano come negli anni ‘50 a Marradi durante i consigli comunali, ci furono addirittura dei consiglieri di sinistra che non volevano sentir parlare di Campana che consideravano non solo “E’ Mat” ma addirittura un precursore del fascismo. E quando i cittadini di Marradi lanciarono l’idea di onorare questo Dino Campana, si opposero per due anni consecutivi, cioè nel 1952 e nel 1953, allo stanziamento in bilancio di 500 mila lire per le celebrazioni. Ai soliti “idioti” di Marradi si aggiunse la Giunta provinciale amministrativa che ritenne di depennare, la posta con il pretesto che il bilancio di Marradi era deficitario.
Anche in tempi più recenti, negli anni ottanta la proposta di introdurre accanto a Marradi Campana come nuovo nome del Comune fu contestata e respinta da coloro che ritenevano più importanti le “castagne”. Quando si decise di titolare una via a Sibilla Aleramo due signore del Consiglio Comunale non esitarono a manifestare il loro dissenso “morale”, astenendosi.
Emblematiche del clima anni ‘50 sono due lettere del senatore Emilio Sereni, e del sindaco in merito all’intitolazione di una Via a Dino Campana che alla fine avvenne nel 1954 con una commemorazione del marradese prof. Sergio Zacchini al ponte di Vilanzeda “sotto una pioggia intensa ed un vento fortissimo” Ecco una lettera indirizzata all’onorevole Emilio Sereni dal sindaco, prima di prendere un simile provvedimento
“Caro Senatore,
“Ci è stato proposto da più cittadini di intitolare una via del nostro capoluogo al defunto poeta Dino Campana.
“Dino Campana era marradese e noi ben volentieri aderiremmo alla richiesta. Desideriamo però sapere da te se il valore di Campana è tale da meritare il riconoscimento. Ciò anche in rapporto al momento politico attuale.
«Grazie. Cordialmente,f/to: II Sindaco
Il senatore comunista Sereni così rispondeva al compagno sindaco di Marradi
“Caro Compagno,
“penso che sia giusto intitolare a Dino Campana una via del vostro capoluogo.
“Dino Campana è indubbiamente un nome autorevole della poesia moderna e ormai passato alla storia della letteratura.
“Non c’è nessun riserbo politico nei suoi confronti. Tanto più che la sua pazzia toglieva ogni responsabilità ad ogni sua posizione politica, né, d’altronde, ne ebbe mai dichiaratamente reazionarie.
“Sarebbe bene fare inaugurare la via ad uno scrittore toscano. Vedete di scrivere a Romano Bilenchi, a Firenze, se volesse lui parlare per l’occasione.
f/to: Sereni
Rodolfo Ridolfi