71 anni orsono il 9 luglio 1944 i tedeschi a Marradi fucilano il partigiano Iandelli e il 10 a Gamogna cadono in combattimento il calciatore partigiano Bruno Neri e Vittorio Bellenghi. Il coraggio di Don Ferrini

71 anni orsono il 9 luglio 1944 i tedeschi a Marradi fucilano il partigiano Iandelli  e il 10 a Gamogna cadono in combattimento il calciatore partigiano Bruno Neri e Vittorio Bellenghi. Il coraggio di Don Ferrini

 

001images 2imagesmartedì 07 luglio

Al sergente partigiano Sergio Iandelli, ventenne, pellettiere fiorentino della 36a Bianconcini, è dedicata una lapide posta sul muro della strada che conduce a Palazzuolo sul Senio il 23 luglio 1945 catturato il 9 luglio 1944 seviziato e ucciso dalle SS tedesche. Quello stesso giorno, Domenica nove luglio ‘44 nel Casale di Modigliana, dove si trovava il parroco partigiano don Angelo Savelli, si riunì il battaglione Ravenna, forte di una quarantina di uomini, per prendere posizione fra la banda Corbari e la 36a Brigata Garibaldi Bianconcini. Il comando venne affidato a Vittorio Bellenghi, Nico, ex ufficiale del Regio Esercito ed al suo vice Bruno Neri, nome di battaglia Berni, calciatore che aveva giocato nel Faenza, nella Fiorentina, nel Torino e nella Nazionale italiana. La formazione partigiana si mise in movimento lungo il sentiero del crinale, diretta al Lavane e la sera aveva sorpassato il Torretto e l’indomani avrebbe raggiunto Gamogna. La strada fra Marradi e San Benedetto brulicava di tedeschi che avevano alle Canove il loro comando retto da un capitano con circa cento militari e molti uomini del luogo, rastrellati forzatamente e costretti ai lavori stradali. I due comandanti, partigiani, Bruno e Vittorio, decisero, con grande imprudenza, di andare da soli in avanscoperta a perlustrare l’area. Quando, nel primo pomeriggio, con le armi in pugno, giunsero al cimitero, vennero sorpresi allo scoperto da una pattuglia tedesca e nello scontro a fuoco furono uccisi. Il parroco, don Angelo Ferrini, cercò di dare ai due giovani una sepoltura dignitosa, ma, come raccontò in una intervista del 1989, dopo aver trasportato, aiutato dal partigiano Vincenzo Lega, i corpi dei due giovani nella cappella del cimitero parrocchiale, si recò in municipio a Marradi a chiedere le bare che gli furono negate con questa motivazione: “Non possiamo disporre nulla per dei traditori, per dei partigiani”. “Quindi dovemmo seppellirli in una fossa comune avvolti nella paglia e nelle frasche”. Il giorno successivo don Ferrini durante l’imponente rastrellamento nazista, dopo essere stato apostrofato dai tedeschi “Tu pastore badogliano adesso fare Kaput a te e bruciare chiesa”, come racconta Carlo Martelli nel suo libro Fascismo Antifascismo, sfuggì per miracolo alla morte grazie all’intercessione, presso i tedeschi, del parroco di Albero, don Vittorio Fabbri.

Rodolfo Ridolfi