Quel 4 Novembre del 1966, a Firenze, il fiume Arno, gonfio di acqua scura e fangosa tracimò e inondò la città travolgendo tutto ciò che trovava sul proprio cammino. Due giorni dopo mentre era a Firenze con la Pubblica Assistenza per dare una mano Renato Ridolfi oggi novantottenne scriveva:
Aquaforte
Sul tuo caro fiume ribelle, sporca la faccia, piagata dalla furia,
il fango fino ai capelli, o Firenze, in ginocchio,
tu figlia di Dio, perla del mondo, piangi.
Con te, nel fango di rovina e di morte, tanti occhi sbarrati,
i miei esterefatti, hanno pianto,
e il cuore sobbalzava e il nodo stringeva la gola.
Era domenica, con un po’ di sole ritrovato!
Mi aggiravo tra la tua miseria e la distruzione.
Tu, apocalittica, inebetita,
sempre le lacrime agli occhi
la schiena curva nell’acqua melmosa,
cercavi qualche briciola
per correre di nuovo la vita.
Il disastro segnava a dito le mura tribulate.
Il tuo Battista in piedi, fiero, nell’acqua del nuovo Giordano,
ti battezzava nel sacrificio.
Le tue campane erano mute.
Il Bargello dolorava ora con l’ardore dei forti,
sulle braccia di Dante, Michelangelo, Donatello,
dal campanile di Giotto e dai merli d’Astolfo, è destino!
Ti levi verso un cielo più bello, riprendi il tuo grande cammino
Renato Ridolfi
Firenze 6 Novembre1966
Tratta dal libro Quaderne