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3 luglio 1991: Vent’anni fa la medaglia d’oro al Gonfalone di Marradi.

sabato 2 luglio
Antonio Cassigoli, nel libro “Marradi nella Resistenza testimonianze e sacrifici” del luglio 1984, scriveva nella premessa: “Marradi, risorta nel segno della libertà e delle riconquistate istituzioni democratiche merita che la Nazione riconosca, anche ufficialmente e tangibilmente, questo suo sanguinoso, immane e doloroso contributo alla rinascita della Patria nel segno del sacrificio” e continuava nel capitolo Una medaglia per il gonfalone. “Tutti i sindaci che si sono avvicendati alla guida del Comune di Marradi dalla liberazione in poi-Pierino Zacchini, Mario Bellini, Antonio Cassigoli e poi ancora Mario Bellini, Goffredo Nannini, Giuseppe Tarabusi, Arturo Zambelli, Enrico Consolini, Lorenzo Liverani ed ancora Enrico Consolini- si sono premurati, chi più chi con minore insistenza, di richiedere un riconoscimento al Comune, in quanto tale, per le lotte, le sofferenze, le distruzioni, le morti, le deportazioni che funestarono il territorio marradese durante l’infausto e glorioso 1944. Ricordiamo, per tutte, la richiesta avanzata, il 4 dicembre 1970 dal sindaco On. Goffredo Nannini che la rinnovava nel 1972”. Nel 1984 ricorreva il quarantesimo anniversario dell’eccidio di Crespino, ma il riconoscimento non ci fu nonostante le speranze. Quando fui eletto sindaco nell’autunno del ‘88, dopo avere ottenuto un intervento finanziario del Ministero della Difesa a favore del Sacrario di Crespino, riproposi il dossier ed ottenni, il 3 Luglio del ‘91, con decreto del Presidente della Repubblica, la Medaglia d’oro al merito civile per il Comune di Marradi con la seguente motivazione: “Piccolo centro attraversato dalla linea gotica, sopportava con fierissimo e dignitoso contegno spaventosi bombardamenti aerei e terrestri, subendo la distruzione della maggior parte del centro abitato e offrendo alla causa della Patria e della libertà il sacrificio eroico di quarantadue civili inermi, trucidati dalle truppe d’occupazione naziste”. Di quei giorni ricordo che, parlando a Crespino alla presenza di Valdo Spini, Sottosegretario agli interni del governo Andreotti, dissi:“I sacrifici di tutto il popolo marradese durante il terribile conflitto hanno raggiunto limiti inimmaginabili. La ritrovata libertà, il senso di responsabilità e la ripresa positiva del pacifico, quotidiano travaglio sono state premiate con alto riconoscimento di virtù civica”. Quella medaglia, dunque, che oggi ci onora, fu meritata da tutti gli eroi discreti, quasi anonimi, di quella stagione, dalle vittime dei bombardamenti, dalle donne e dagli uomini morti in seguito ai cannoneggiamenti, dagli undici giovani fucilati nel cimitero di Marradi dai deportati nei campi di sterminio, cinque a Mauthausen: Claudio Bandini, Alberto Ciani, Domenico Vanni, Giampiero Verdi, Armando Visani ed uno a Flossemburg poi ad Hersbruck, Alessandro Pieri, dai deportati ai lavori coatti, dai martiri dell’eccidio di Crespino e da coloro che senza colpa alcuna furono innocenti vittime dell’odio e della violenza.
Nel libro Testimonianze, ricordi dei comuni toscani del 1994 pubblicato dalla Regione Toscana si legge: “A partire dagli anni settanta iniziò il periodo della modernizzazione e dello sviluppo di Marradi: i risultati non sono mancati è stato riaperto il Teatro Comunale, è stato costruito il Palasport e sono state realizzate le infrastrutture ambientali. E’ stato il sindaco Rodolfo Ridolfi ad avviare e concretizzare l’impegno europeistico del Comune. Nel 1990 è stato firmato il patto di gemellaggio con la città francese di Castelnaudary. Per le vicende della guerra Marradi, unico Comune della Provincia di Firenze, ha ottenuto nel luglio 1991 la medaglia d’oro al merito civile”.

Rodolfo Ridolfi

Marradi piange la prematura scomparsa di Mario Catani, Maffo.

Mario Catani nel 1966
giovedì 30 giugno

E’ un vuoto incolmabile per la moglie Carla, per i suoi due figli e per tutti i suoi famigliari, ma lo è anche per tantissimi di noi e per chi scrive.
Maffo, lo chiamavamo così, secondo l’abitudine, tutta marradese, era un uomo di principi rigorosi ma gioviale, esprimeva subito simpatia per quel suo modo di porsi mai imbronciato, mai una parola sopra le righe, sempre disponibile e con il sorriso sulle labbra. Figlio degli indimenticabili Carlino e di Carla Montefiori, sempre attivo nella Parrocchia, nell’Associazionismo e nello sport, sorretto da una fede cristiana intimamente partecipata e vissuta con discrezione, è stato anche un esemplare dipendente pubblico. Quando fui Sindaco e Presidente del Consorzio Acquedotto Val Lamone, ho avuto l’onore di lavorare con lui, che era stato con Flavio Bellini il primo dipendente ed era quindi la memoria storica e la colonna amministrativa del Consorzio Acquedotto, ricavandone, oltre che la conferma delle sue doti umane, l’opinione netta della sua professionalità, della sua precisione nell’istruire gli atti e le delibere, della sua competenza del suo equilibrio e del suo amore per un istituto che sentiva come una seconda casa. Per Carla, mia amica di infanzia, e per i figli voglio aggiungere che hanno avuto un marito ed un padre straordinario e tutti insieme hanno rappresentato e rappresentano una bella famiglia alla quale tutti quelli che hanno conosciuto Maffo sono vicinini con affetto.

Rodolfo Ridolfi

Una serata per Bel Amì, giornalista, commediografo, poeta.

mercoledì 29 giugno
La musica e le parole della canzone “Creola”, cantata con trasporto dall’affascinante Barbara Briccolani, hanno creato una piacevole e magica atmosfera a conclusione di una manifestazione in omaggio ad Anacleto Francini, nel cinquantesimo anniversario della sua morte.
Il Centro Studi Campaniani e l’Amministrazione Comunale di Marradi hanno voluto ricordare sabato 25 giugno u.s. un marradese che con lo pseudonimo di Bel Amì divenne popolare e caratterizzò un settore teatrale che, seppur definito leggero, ebbe un ruolo non indifferente nella storia del nostro paese e fu non solo elemento di svago, ma anche veicolo di satira sociale e politica.
Della sua vita e della sua attività, che si divise tra il lavoro come giornalista alla Gazzetta del Popolo di Torino e il suo impegno nel mondo dello spettacolo e del teatro, ha parlato con dovizia di particolari il maestro Renato Ridolfi. Ha ricordato come la sua fama sia legata ad un genere di spettacolo chiamato Rivista che lui seppe rendere più ricca, più fantasiosa e priva di volgarità.
I suoi lavori furono messi in scena dalle più famose compagnie del tempo e da attori che ancor oggi fanno la storia del teatro: Macario, Wanda Osiris, Totò.
Il maestro Ridolfi ha voluto mettere in risalto nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, la partecipazione di Francini alla prima guerra mondiale, la sua prigionia in Ungheria dove fondò un giornale per il prigionieri. Ridolfi, esperto conoscitore della vita e dell’opera di Bel Amì, già nel 1991, trentesimo anniversario della morte, ne fece la commemorazione e compose il testo delle epigrafi che furono poste nella casa natale a casa Carloni e su quella di famiglia in piazza Rocco Guerrini.
La presidente del Centro Studi Campaniani dott. Mirna Gentilini ha centrato il suo intervento sul rapporto di amicizia tra Francini e Dino Campana, quasi coetanei, che furono compagni di giochi e amici di gioventù.
Negli anni in cui Francini metteva in scena a Marradi nel teatro Animosi le sue commedie musicali “Il marciapiede alla ribalta”(1910) e “Lo Zibaldone” (1911) Campana, che aveva una bella voce tenorile, partecipava come cantante attore ad entrambi gli spettacoli.
Dopo un periodo di lontananza si ritrovarono agli inizi del 1915, quando il poeta si recò a Torino. L’incontro fu importante e le loro conversazioni interessanti tanto da far scaturire nell’animo del poeta una vera ammirazione per l’amico e il desiderio di presentarlo a Papini a cui scrisse una lettera con una raccomandazione accorata, definendolo “ un autentico e vigorosissimo temperamento d’artista” e “ toscano austero della vecchia razza non mai contento di quello che fa”.
Quando Francini fu richiamato sotto le armi, Campana chiese ad un comune amico Aldo Orlandi della Gazzetta del Popolo l’indirizzo e sicuramente tra i due ci fu una corrispondenza di cui purtroppo non ne è rimasta alcuna traccia.
Anzi da parte di Francini, sopravissuto al poeta per ben 29 anni, abbiamo un grande ed inspiegabile silenzio. Forse Bel Amì aveva in mente di scrivere qualcosa, ha sottolineato la dott. Gentilini, che ha raccontato una sua piccola scoperta tra i documenti del Fondo Francini depositati presso il Centro Studi. Tra gli appunti di un programma radiofonico del 1954 dal titolo “La nascita della Rivista” ha infatti trovato uno scritto di mano di Bel Amì con queste parole: “ Con il Rimbaud italiano attore e cantante Dino Campana”. Finalmente un giudizio di Francini su Campana! Un giudizio che pone in evidenza lo spirito irrequieto, tormentato ed errabondo del poeta, ma che lo avvicina come anima gemella al grande poeta francese Rimbaud.
Nella seconda parte della serata è stato presentato un piccolo saggio di alcuni lavori di Bel Amì: dalla bella voce di Claudio Cappelli accompagnato da Giannalisa Mercatali alla tastiera, sono state cantate una nostalgica stornellata e una canzone dall’operetta “Il grillo al castello”; dal giornalino umoristico “Il Marciapiede” del 1906 il simpaticissimo Maurizio Brunetti ha letto in dialetto marradese tre “sonetti biblici” e una lettera al direttore, dove un cittadino affronta questioni di pubblico interesse scrivendo in un italiano che sembra una traduzione simultanea del dialetto.
Al termine della serata la Presidente del Centro Studi ha invitato tutti gli spettatori a visitare la mostra allestita per l’occasione nelle sale del Museo “Artisti per Dino Campana”, dove è stata esposta parte della ricca documentazione del Fondo Francini: manoscritti, appunti, corrispondenza, articoli, testi teatrali, di canzoni,di trasmissioni radiofoniche e materiale iconografico.
Tra le curiosità un volumetto gentilmente concesso dal nipote dott. Adriano Pratesi, figlio della sorella di Francini. In questo libretto sono rilegati una serie di opuscoletti che furono donati dal maestro Giovanni Campana, padre di Dino, al suo alunno Anacleto negli anni 1896 – 1897.
Ogni opuscolo riporta il motivo del dono e la firma del maestro. Nell’ultimo Giovanni Campana scrive: “ A Francini Anacleto perché seguiti a fare onore a sé e ai suoi maestri”.
Francini ha mantenuto il suo impegno.

Mirna Gentilini