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Il 5 Marzo del 1889 nasceva Domenico Vanni: scalpellino, pioniere del socialismo, antifascista, fuoriuscito a Parigi, partigiano deportato a Mautausen cui Marradi ha dedicato una Via nella sua Biforco.

venerdì 4 marzo
Domenico Vanni nasce il 5 marzo del 1889 a Biforco ed è il terzo dei tre figli nati dall’unione fra Teresa Neri e lo scalpellino Antonio Vanni. Sua sorella primogenita Carolina Elvira era nata il 2 maggio 1886, suo fratello Domenico, nato nel 1888, muore dopo un giorno. Domenico, fra i dodici ed i quattordici anni, frequenta regolarmente la quarta classe elementare negli anni scolastici 1901-1903 e successivamente, per alcuni mesi, la quinta, come si legge nei documenti del Comune di Marradi. Non ha ancora ventiquattro anni quando nel febbraio 1913 sposa la diciannovenne Linda Albonetti che gli darà quattro figli: Teresa(1913), Dino(1918), Gina(1925) e Ines(1930). Da bravo scalpellino, come tanti italiani e molti biforchesi in quegli anni, va a cercare lavoro ad Iselle di Trasquera ed emigra temporaneamente all’estero in Svizzera rientrando di tanto in tanto a Biforco. A Iselle di Trasquera ispira il suo canto patriottico politico Dino Campana di quattro anni più grande di Vanni “canto proletario italo-francese”. Allo scoppio della prima guerra mondiale è in guerra. Il 25 Novembre del 1918 Linda gli da il secondogenito Dino Antonio che nasce a Biforco concepito durante una fuga dal campo che gli costa il 27 marzo 1918 una condanna a due anni di reclusione militare per diserzione inflittagli dal tribunale di guerra del campo riordinamento fanteria; condanna che non sconta per intervenuta amnistia in seguito all’armistizio del 4 novembre. Nel 1918 sindaco di Marradi è il socialista Palmerino Mercatali, ed e’ a far data da quel periodo, che il ventinovenne scalpellino abbraccia gli ideali socialisti che lo vedranno sempre in prima linea contro il fascismo che comincia a muovere i primi passi. Dirigente, iscritto alla Sezione socialista Spartaco di Marradi-Biforco, di cui è segretario Giovanni Bernasconi, con il sostegno della Sezione, della Lega Operaia, della Lega Proletaria e della Lega Gruppo Operaio di Palazzuolo di Romagna, si presenta alle elezioni del 26 settembre del 1920 per la Deputazione Provinciale di Firenze e viene eletto nel primo Consiglio Provinciale a maggioranza socialista della Provincia di Firenze insieme a Spartaco Lavagnini, Sebastiano Del Buono e Attilio Mariotti.
Ripetutamente condannato per motivi politici nel 1921-23,viene iscritto nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze. Espatria clandestinamente nel 1923 e farà rientro in Patria soltanto dopo il 25 luglio del 1943 per partecipare alla lotta partigiana. A Parigi Vanni conosce tutti i massimi esponenti dell’antifascismo in esilio: Eugenio Colorni, Giorgio Amendola, Pietro Nenni, Carlo Rosselli, Modigliani, il giovane Saragat, Randolfo Pacciardi. Giuseppe Saragat che comincia ad abbracciare il filone socialdemocratico nordeuropeo ed è profondamente antisovietico avrà su Vanni una influenza straordinaria e ne segnerà il credo politico allontanandolo con dolore da Nenni e Pertini che riabbraccerà al Congresso dell’unificazione socialista dell’Eur nell’ottobre del 1968. Nel 1929 i fascisti lo iscrivono in Rubrica di Frontiera. Su di Lui c’è un fascicolo Riservato del Ministero dell’Interno “… Esercita il mestiere di scalpellino dal quale ritrae i mezzi di sussistenza. Frequentava assiduamente la compagnia dei più noti sovversivi del paese. Verso la propria famiglia si comporta bene. Fu uno dei più accaniti e violenti sovversivi, individuo capace di svolgere propaganda fra le masse. Ignorasi se sia in corrispondenza epistolare con compagni di fede, sia all’estero che nel Regno. ..E’ ritenuto capace di svolgere propaganda sovversiva fra le masse perché dotato di facile e convincente parola. Prima dell’avvento del Fascismo manteneva verso le autorità contegno sprezzante e ribelle. E’ da considerarsi elemento pericoloso al Regime ed al Governo Nazionale. “…Vanni Domenico, oggetto di precorsa corrispondenza, il 19 agosto 1943 è stato arrestato a Mentone all’atto del suo ingresso nel Regno…” La Prefettura appena ricevuta la segnalazione- si legge sempre nell’informativa-“…in base alle vigenti disposizioni ne ha disposto il rimpatrio con il foglio di via obbligatorio al Paese di origine..” il 25 agosto viene infatti avviato a Marradi “…dove verrà esercitata debita vigilanza nei di lui confronti…” . Il 10 settembre del 1945 Il comandante della 6^ Brigata d’Assalto “L.Lavacchini” Donatello Donatini Presidente del CTLN di Borgo San Lorenzo dichiara che “…Vanni Domenico durante il periodo illegale è stato a contatto con questo Comando svolgendo numerosi e difficili incarichi affidatigli. Ha prestato la sua opera in favore di partigiani feriti sottraendoli alla cattura dei nazisti ed offrendo loro tutte le cure possibili. Inoltre il Vanni ha partecipato a numerose azioni…l’azione del 25 aprile 1944 in località Pian delle Fagge in Comune di Palazzuolo di Romagna, azione che portò alla liberazione di un gruppo di aviatori americani caduti col proprio apparecchio in detta località. In detta azione furono uccisi due militi fascisti, uno ferito e gli altri disarmati. Il Vanni arrestato il 25 maggio venne sottoposto a sevizie onde rivelasse la località ove accampavano i partigiani ed il nome dei componenti del CLN di Borgo San Lorenzo. Egli manteneva un contegno ed una fermezza esemplari riuscendo così a frustrare tutti i tentativi dei nazisti. Internato poco dopo in Germania nel campo di Mathausen rientrava in Italia dopo 14 mesi di prigionia ..”
Vanni è deportato prima a Fossoli poi a Mauthausen matricola n. 76616; poi nel sotto campo di Peggau. Con lui a Mauthausen ci sono i marradesi: Alberto Ciani,matricola n. 76295,Giampiero Verdi,matricola n. 57465, Armando Visani, matricola 76629, Bandini Claudio, matricola n. 76221. Dopo la liberazione, Il Comando generale delle forze armate Usa nel teatro operativo del Mediterraneo gli conferisce un formale riconoscimento e nell’aprile 1946, è eletto consigliere comunale e delegato Vicesindaco. a vent’anni dalla sua morte, Parigi 1971, Il Consiglio Comunale gli ha intitolato una Via nella sua Biforco.

Il 1 marzo 1932 moriva Dino Campana.

lunedì 28 febbraio
Settantanove anni dalla morte si rinnova, intenso e fulgido, il ricordo di Dino Campana, poeta.
Era nato ai piedi dell’Appennino tosco-romagnolo, tra vigne di Sangiovese e boschi di “Marron Buono”, nella grossa borgata di Marradi, già “Capitale culturale” della Romagna-Toscana, sul fiume Lamone, il 20 agosto 1885.
Spuntato nel clima borghese di una della famiglie bene, Dino è timido, scontroso, anticonformista.
Aperto ad esigenze libertarie, mal si adegua alla monotona vita del borgo e si muove turbinosamente in un mondo, che gli diventa sempre più ostile.
Prende a fuggire in cerca di arie nuove, che plachino le sue ansie, aiutino le sue ricerche poetiche e gli rivelino la sua “Chimera”. Poi, sempre, ritorna all’ingrata terra, richiamato da un interno indomabile amore.
Tracciare il quadro biografico di un personaggio siffatto è, senza dubbio, impresa scabrosa, tanto è il travaglio, che circonda, anche platealmente, l’umano pellegrinaggio del nostro poeta, il più grande dei poeti del nostro novecento.
Amatore di donne maliarde, eteree, di luoghi incantevoli, mistici, eccitanti, di cui il nostro territorio è, anche se molto sconosciuto; strapieno di realtà umili e sofferenti, che, nella loro ignoranza, serbano grande affetto e stima al poeta.
Scopritore di luci e ombre violente, fosche, sfumate e, sempre, grande attaccamento al suo paesello, fatto di “fughe di tetti al sole, di lunghe verande fiorite, di cupole rosse, di campanili che si affollano, di commenti variopinti di archi, di larghi specchi d’azzurro”, ma anche di ostinata superficialità, di conformismo incallito, di “doctrina” insulsa ed ipocrita, sempre pronta a non capire, a condannare.
E’ profondamente spinto ad agitarsi, a mal sopportare lo sconforto crudele e a fuggire, come un perseguitato, dalla sua terra, che lo gratifica, quasi sempre, di un’aneddotica semplicistica e falsificante l’alta poetica dell’artista che fu ribelle.
Si vorrebbe, ancora oggi, da qualche parte, far passare sulla sua opera quella zavorra, ma non serve, perché la poesia cristallina di Campana esplode genialmente in un impressionante crescendo di luminosità, che abbaglia ed entusiasma i cuori e le menti con musicalità di armoniosi accenti, di colori smaglianti, di immagini paradisiache.
Tanti i cuori conquistati alla poesia campaniana.
“Son colorismo, più che altro, diceva Dino stesso dei suoi lavori originali, pregni di profonda sensibilità, che fanno presagire lo stato patologico, che si concluderà con le “tenebre” della follia, ma il cui risultato più puro proviene, – così il Cecchi -, da un incontro di realtà profondo”.
Quando la Stamperia Ravagli di Marradi, (dopo l’estenuante attesa di un giudizio di merito da parte del Soffici e del Papini, che, invece, smarrirono il manoscritto di Dino “Il più lungo giorno ”) accetta, nel 1914, di stampare i “Canti Orfici”, dietro la concreta solidarietà del Prof. Luigi Bandini e altri pochi, si apre un capitolo nuovissimo ed “irripetibile” della nostra letteratura.
L’opuscolo giallo paglierino, con su scritto il titolo in nero, goticheggiante,semplice, disadorno appare come severa condanna del vuoto futurista, incipiente preparazione di torbidi momenti.
Il messaggio campaniano, due sole parole “Canti Orfici”diretto all’anima e al cuore dell’uomo libero, sferra la grande offensiva, che porterà la netta vittoria della poesia e illuminerà di nuovi bagliori la soffertissima esistenza del Nostro, che aveva iniziato, nel 1918, l’atto finale della sua umana commedia col ricovero a Castel Pulci.
Aveva soltanto quarantasette anni, il primo marzo del 1932, quando il sipario calò sulla triste vicenda.
Silenzio profondissimo intorno e altri scempi scesero su Dino Campana e la sua opera, fatta eccezione di qualche inimmaginabile apertura.
E Marradi? Zitto!
Poi il risveglio, soprattutto, col Marradi dei giovani del dopoguerra, io fra essi, innamorati del loro “poeta maudì”, si arrivò alle basi di un “Premio Nazionale” di poesia, affidato ai prestigiosi nomi di Giorgio Saviane, Claudio Marabini e tanti altri importanti, che vedrà crescere a dismisura, la schiera dei cultori campaniani nel mondo, con tanti traduttori dei “Canti Orfici”. Un’azione continua di esaltazione di Dino Campana si propone, anche, di esaudire il grande desiderio del Poeta: quello di riposare nella sua Terra natale, anche se matrigna, desiderio irrealizzato, più per ragioni di bottega, che per nobiltà d’animo e riconoscenza. I resti mortali del Campana non sono mai arrivati nel mausoleo, semplice, ma amoroso, da tempo preparato nella sua città, così il suo spirito non ha ancora potuto acquietarsi nel “Ritorno”.
“ Nella stanza ove le schiuse sue forme dai velari della luna io cinsi un alito tardato: e sul crepuscolo la mia pristina lampada instella il mio cuore vago di ricordi ancora……
L’estate avrà purificato i cieli.
Gli arabeschi chiuderanno
un sarcofago
sotto ai cieli fosforei,
Il miracolo sublime
Io sarò ritto tra i ceri
Incoronato in fondo
tra le navate trionfali
sul popolo enorme prostrato
davanti la grande scalea
Svanente tra le brume lunari
Davanti l’infinito
della forza e del sogno”. “Canti Orfici”
Solo così finirà il torturato viaggio umano del “più povero dei Poeti portante una ricchezza indimenticabile”.
Renato Ridolfi

Un’opera di Francesco Galeotti nel Musée de la Création Franche di Bègles nella Gironda (Francia)

sabato 26 febbraio
Il Museo della Creazione Franca, è un museo che è stato creato a Bègles, nella Gironda, regione Aquitania. Un museo, un centro culturale straordinario che possiede 12.000 opere di autentica creatività artistica, una più bella dell’ altra.
Tra queste opere ce n’è in particolare una di Francesco Galeotti, riportata qui a fianco che abbiamo scoperto per i lettori di Marradi Free News per ricordare la scomparsa di Francesco Galeotti.

Les Créateurs Concernés
Le Musée de la Création Franche est riche de plus de 12000 œuvres, le plus souvent dons des créateurs eux-mêmes ou de collectionneurs et amateurs sensibilisés aux actions menées par cette structure dans le milieu de l’art brut et ses apparentés.

Francesco Galeotti est né le 25 mai 1920 à Santo Adriano di Marradi, en Italie.

Son œuvre, composée de paysages et d’animaux, est un vibrant hommage à la nature.

Marradi piange la scomparsa di Francesco Galeotti uno dei grandi pittori primitivi del XX secolo.

mercoledì 23 febbraio
E’ con Profondo ed immenso dolore che piangiamo la scomparsa del grande pittore Francesco Galeotti. Galeotti è nato il 25 maggio 1920 a S.Adriano di Marradi (Firenze)dove è morto martedì 22 febbraio scorso. L’Associazione “Il Maestro di Marradi” aveva istituito fin dal 2008 una personale sezione amici di Francesco Galeotti che ha realizzato in occasione del suo novantesimo compleanno il libro “Francesco Galeotti: novant’anni di vita a colori” monografia presentata sabato 19 giugno 2010 nel Teatro degli Animosi di Marradi, curata da Rodolfo Ridolfi, dove, alla presenza del Maestro Francesco Galeotti e della premurosa moglie Maria intervennero Paolo Bassetti Sindaco di Marradi, Cecilia Filippini, Mirna Gentilini e Rodolfo Ridolfi. Se il “Maestro di Marradi”, ha colorato di porpore e di ori il nostro artistico passato, Francesco Galeotti occupa con grandi meriti un posto di rilievo per le sue meravigliose tele ricche di inconfondibili colori. Contadino, ha iniziato a dipingere fra le soste delle sue fatiche nel 1952. La sua predisposizione naturale lo avvicinarono al grande pittore macchiaiolo Eduardo Gordigiani durante i soggiorni a Popolano del maestro toscano. Ma la vera esplosione fantastica di Galeotti lo porta ad allontanarsi ben presto come sostiene, Anatole Jakovsky, dal lato aneddotico delle cose rappresentate, a tal punto che la forma e gli elementi che popolano le sue tavole acquistano una vita pressoché indipendente. Tali sono ad esempio i girasoli, le faraone e gli uccelli che finiscono per vivere un mondo fantastico abitato dalla poesia. Quando Firenze, a Palazzo Vecchio, allestisce la grande rassegna europea sui primitivi del XX secolo, da Rousseau il Doganiere a Ligabue, Galeotti viene scelto per rappresentare la Toscana e l’Italia. Cataloghi, giornali riviste d’interesse nazionale ed internazionale hanno parlato di lui e pubblicato riproduzioni delle sue opere con le caratteristiche faraone ed i girasoli. Le opere di Galeotti si trovano in raccolte pubbliche e private europee e americane tra le quali: Museo Nazionale dei naif italiani di Luzzara (Reggio Emilia) Collezione della Baronessa Rockfeller (trenta dipinti distribuiti oggi nei Musei degli Stati Uniti)- Coll. Zavattini-Raggianti-Bargellini-Mazzacurati-Ferrante-Viotti-Nevio Iori-Galleria d’Arte Moderna di Firenze, Museum of Modern Art di New York- Colchester Gallery di Greenwich. L’Associazione ha realizzato di concerto con l’Amministrazione Comunale di Marradi un progetto che prevede una esposizione permanente delle sue opere nel centro Dino Campana.