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Marradesi illustri: Vincenzo Castaldi imperatore degli scacchi (Marradi 15 maggio1916-Firenze 6 gennaio 1970).

Vincenzo Castaldi

sabato 15 gennaio

Vincenzo Castaldi Maestro Internazionale di scacchi è nato a  Marradi, il 15 maggio 1916 e morto  la notte di Epifania del 1970, quarantun anni orsono. E’ stato uno dei più significativi campioni che L’Italia  abbia mai avuto, ha vinto sette titoli nazionali. Castaldi inizia la sua avventura scacchistica nel 1936, da studente in medicina quando consegue un secondo posto al torneo di Brinidisi, vince il campionato italiano nelle due prime edizioni cui partecipa, per porsi subito alla ribalta dello scenario internazionale come prima scacchiera alle olimpiadi di Stoccolma del 1937, dove  piega campioni assoluti come Sammy Reshevsky e Savielly Tartakower. Con Castaldi l’Italia ha un giocatore di statura internazionale. Sono gli anni in cui si pontifica la nascita dell’Impero, dove il nostro Castaldi viene premiato “con belle parole e semplicità fascista” dal Grand’Ufficiale ingegner Luigi Miliani, che sottolinea “l’espressione della vigorosa giovinezza italiana in ascesa verso le più alte leve”, così come riportato dal cronista dell’epoca, che non manca di ricordare come “nell’applauso fervido, unanime, che ha salutato il nuovo campione è vibrata la salda fede che egli saprà cogliere per la Patria nuovi e maggiori successi.” Anche Firenze, come scrive Bilguer 74 “… era immersa nel clima autarchico di quell’Italietta. Ma aveva risorse culturali immense. Al caffè delle Giubbe Rosse potevi incontrare Luzi, Bigongiari, Montale, Vittorini. Oltre ai giocatori di scacchi. A Firenze si stampava “L’Italia Scacchistica”, che era creatura tutta toscana, nata per volere del viareggino Alberto Batori e del fiorentino Stefano Rosselli del Turco. Da quell’ambiente prese le mosse Vincenzo Castaldi. E tanti altri ancora, nomi più o meno noti dello scacchismo italiano: da Francesco Scafarelli a Clarice Benini, dai Maestri Bruzzi, Cambi, Ceccato e Mondaini, ai tanti altri forti giocatori come Di Vincenzi, Cecconi, Longo, Borghesi, Bianchi, senza dimenticare gli esuli, fiorentini d’elezione, come l’ungherese Krausz ed il conte russo Obolenski, maestro di Sergio Mariottti. Il dopoguerra vide Castaldi gareggiare spesso e volentieri anche all’estero, sempre in tornei di prim’ordine: lo zonale di Hilversum 1947 (vittoria con Pachman), Venezia 1948, dove colse un prestigioso successo sull’ex campione del mondo Max Euwe (da lui definito come “il più grande dei giocatori senza talento”), le Olmpiadi di Dubrovnik del 1950, Hastings 1950/51, Vienna 1951, Firenze 1952, Venezia (secondo posto) e San Benedetto del Tronto 1953, lo zonale di Monaco 1954, Amburgo 1955, il torneo a squadre Claire Benedict (edizioni del 1955, 1957 e 1959). A tutto questo vanno aggiunti altri cinque titoli italiani, colti nel 1947, 1948, 1952, 1953, 1959.Castaldi era combattente di razza, poco avvezzo al pareggio, un purosangue che puntava senza paura al finale, fase della partita in cui senz’altro sapeva eccellere. Der Wild, “il selvaggio”, lo soprannominarono i tedeschi, e molti confusero quella sua pervicacia testarda, che è puro spirito di lotta, in uno stile aggressivo, che a dire il vero non traspare dal suo gioco, tendenzialmente chiuso, dove contrazioni della posizione scattano a molla in contrattacchi reattivi. Castaldi, medico dentista continuò a frequentare il circolo di Firenze e prese a giocare anche per corrispondenza. Solo in due occasioni decise di scendere dal suo Aventino. La prima fu Reggio Emilia 1963/64, dove pur fuori allenamento seppe sconfiggere due dei vincitori del torneo, Janos Flesch e Rudolf Teschner, avversari di notevole spessore internazionale. Giocò ancora a Roma nel 1964 un forte torneo chiuso, in cui raggiunse comunque un dignitoso quinto posto. Dopo quel torneo più nulla. Si tuffò nel bridge, rifugio ultimo di tanti ex scacchisti, dove l’amarezza della sconfitta si divide in due ed il peso degli anni non incide come nelle sessantaquattro caselle. Proprio ad un tavolo di bridge lo colpì un infarto la notte del 6 gennaio 1970, stroncandolo a soli 53 anni.”

Addio Anna Anni, costumista da premio Oscar, nata a Marradi . Si è spenta a Firenze a 84 anni. Ha vestito la Magnani, Pavarotti, la Callas. Nel ’86 ricevette la nomination all’ambita statuetta per il film ‘Otello’. Zeffirelli: “Era un talento raro..”

Anna Anni

mercoledì 12 gennaio

Anna è nata a Marradi  nel 1926  Fu adottata «da due persone che ho amato molto, ho trascorso un’ infanzia bellissima in campagna, in un borghetto medievale dove il tempo pareva essersi fermato». Poi si trasferì a Firenze, arrivò la guerra, anni duri. Ha cominciato dipingendo ceramiche, giocattoli, foulard; poi attrezzista teatrale «un po’ all’ arrembaggio, però mi è servito eccome». Dopo l’ apprendistato fiorentino, nel 1951 Orson Welles si rivolge all’ architetto Aristo Ciruzzi per le scenografie di due spettacoli da allestire a Chicago. «Aristo fece il mio nome per i costumi e… Orson Welles era un omone con una gran barba, sdraiato su un letto matrimoniale, ogni volta che si muoveva scricchiolava». Consegnati i disegni, Orson la invita in Usa per vedere gli spettacoli: «Mi prese il panico, che ci andavo a fare, non conoscevo nemmeno la lingua? Mi scrisse che era contento del successo ma dispiaciuto che non fossi andata». E dopo Welles… «Tornai a fare i miei soliti lavoretti di disegno». «Anna – ricorda  Zeffirelli – è un personaggio incredibile, un patrimonio della cultura di cui gli italiani non si sono mai accorti. Ha sempre una visione precisa, si casca sempre sul sicuro. La sua straordinaria qualità è il mondo non tradizionale ma classico, come dipinge, come schizza i bozzetti, non c’ è nessuno che usa l’ aquarello come lei, anche se fa di tutto per farci cambiare idea, imbarazzante com’ è per la sua umiltà»  E’ morta il primo gennaio a Firenze all’età di 84 anni. Ha lavorato con i più grandi nomi della scena, ha vestito cantanti lirici quali Luciano Pavarotti, Placido Domingo, Maria Callas, Monserrat Caballè, etoile della danza come Carla Fracci e Rudolf Nureyev, attori del calibro di Anna Magnani, Valentina Cortese e Fanny Ardant. Per il teatro di prosa firmò i costumi di spettacoli come La lupa con Anna Magnani, Maria Stuarda con il duo Cortese-Falk, Mistica con Paolo Poli, La città con Alfredo Bianchini e Ave Ninchi. Per la tv collaborò con il regista Mario Ferrero, per Ginevra degli Almieri e Stenterello re in sogno, e con Massimo Scaglione per lo spettacolo Grand Hotel Folies, con Milena Vukotic, Paolo Poli e Glauco Mauri. Al cinema il suo nome è legato soprattutto a Zeffirelli e alle trasposizioni sul grande schermo di opere come Cavalleria rusticana, Pagliacci e Otello per cui ottenne nel 1986 la nomination all’Oscar con Maurizio Millenotti. «Mi facevo mandare le foto – raccontò nel 2006, quando Palazzo Pitti le dedicò la mostra ’Dal segno alla scenà, omaggio a 50 anni di carriera – degli artisti che avrebbero interpretato i vari personaggi. Così potevo disegnare il vestito seguendo l’opera, la sceneggiatura, la volontà del regista, ma anche il volto e il corpo dell’artista». Tra gli ultimi lavori firmati da Anna Anni, i costumi per due grandi produzioni cinematografiche dirette ancora da Zeffirelli: Un tè con Mussolini e Callas forever. Oltre che per la cura dei dettagli e la precisione filologica, Anna Anni era nota per il carattere schivo: «Stava troppo in retrovia», ha dichiarato Zeffirelli in un’intervista. «La mia Annina era un talento raro, tutto le sembrava difficilissimo da realizzare, invece era la miglior disegnatrice che io abbia mai visto.

Il 21 dicembre scorso ci ha lasciato un caro amico: il diacono Giovanni Tagliaferri “Morino”.

"Morino" un marradese speciale

mercoledì 5 gennaio

Nella mattinata di martedì 21 dicembre è scomparso il diacono permanente Cav. Giovanni Tagliaferri, nato a Marradi il 19 settembre del 1927, che tutti i marradesi conoscevano come “Morino”. Per anni collaboratore e commesso della Curia diocesana. Le esequie si sono  celebrate giovedì 23 dicembre  nella chiesa di San Lorenzo in Marradi presiedute dal vescovo, della diocesi Faenza-Modigliana, mons. Claudio Stagni. Al termine della liturgia “Morino” è stato tumulato nel cimitero della Misericordia di Marradi. Come i suoi figli ed i suoi cari hanno scritto in sua memoria “Morino” resterà sempre nel cuore di tutti noi che gli abbiamo voluto bene.