Mercoledì 17 luglio
Marradi, come ogni anno, ricorda quel 24 luglio del 1358 con i giochi della Graticola d’Oro, la disfida tra i rioni, che a differenza degli altri anni non inizieranno in Piazza Le Scalelle ma domenica 28 luglio al campo sportivo di Biforco per concludersi il 10 agosto festa patronale di San Lorenzo.
Seicentocinquantacinque anni dopo la Battaglia delle Scalelle rappresenta, una pagina fra le più fulgide ed emblematiche dell’orgoglio della Romagna Fiorentina negli anni bui delle guerre e delle invasioni del tardo medioevo. Dell’evento, troppo spesso trascurato dalla storiografia locale, si sono occupate compiutamente quattro pubblicazioni: una dell’abate Giovanni Mini, “La vittoria al Passo delle Scalelle presso Campigno” Castrocaro 1892; due del marradese Renato Ridolfi: “Campigno La Battaglia delle Scalelle” del 1977 e ”Val D’Amone 24 luglio 1358 Cantata de Le Scalelle” scritta a quattro mani con Raffaella Ridolfi autrice di una ricerca dettagliata sul contesto storico nel quale si inserì la vicenda delle “Scalelle”, che parte dagli scritti di Isidoro del Lungo-Accademia degli Incamminati 2002 ed una del rontese Alfredo Altieri : “La battaglia delle Scalelle Marradi 1358” edizioni Pagnini 2004. Dal libro Val D’Amone 24 luglio 1358 Cantata de Le Scalelle, che descrive magistralmente e fedelmente l’atmosfera ed i fatti di quelle celebri e drammatiche giornate che videro l’eroismo dei “campignesi” opporsi e trionfare sulla violenta arroganza della compagnia di Ventura del conte Lando riproponiamo per i lettori uno stralcio delle pagine più importanti della storia marradese assurta a simbolo dell’orgoglio e del riscatto nazionale italiano dall’invasore:
“…Il sole è alto e l’afa assai pesante; le cicale friniscono noiose, i ranocchi son sempre infastiditi e per la mulattiera polverosa rumor di ferri, scalpiti e nitriti. Avanza la cavalleria: Ghigo del Cavalletto le conduce in avanguardia attento, sulla strada che monta a Le Scalelle. La Grande Compagnia per le balze del Lavane e Campigno cerca i castelli Vicchio e Dicomano per essere pronta a dilagar nel piano. Caldo è il mattino; l’aria par tranquilla. Passano i cavalli indisturbati: non c’è vita d’uomini e animali tra le balze, le forre, i boschi e i prati: Avanti, avanti il transito è sicuro. Avanti, compagnia luttuosa, chè il terror, la potenza ed il fracasso tengono libero il passo! E per la gola stretta, faticosa, si serrano le truppe rumorose, sudate, cariche di ferro, di bottino, delitti e presunzione. La strada sale, verso il cielo; il sole batte: è un luccicare intorno: raggi d’oro e d’argento. E vanno e vanno gli uomini: son cento, no, più di mille e ancora tanti. Par che la valle stretta a Gamberara non possa contenerli tutti quanti. E sempre vengon sotto, ansanti, chi ride, chi urla, impreca, canta, beve; chi si lamenta del piacer breve della sera avanti, chi spera di trovar nel Mugello donne amorose, vino e buon ostello. Già l’avanguardia è a Farfareta, guadagna il Corniolo isolato, scavalca l’Alpe verde alla faggeta: E’ in vista delle piane della Sieva. Il grosso di quei turpi masnadieri passa Cà di Rinieri a Valdimora. Arranca, maledice e si dibatte: la mulattiera è pregna di sudore! Davanti a tutti col cimiero in mano, la briglia abbandonata, il capitano sul suo bianco caval: Michele Lando grande signore. Venuto da Alemagna per predare e farsi più potente, batte i territori fiorentini per contrastar gli scudi di Perugia in guerra coi senesi e gli aretini. Segue la truppa tintinnante di ferri che fan aspra la salita . Ansimano le spade ed i cimieri nella polvere che copre l’orizzonte e la meta che ad arrivare indugia. Quei predoni forzano i sentieri dell’Alpe che s’apre nel Mugello. Cigolano i carriaggi in retrovia appena mossi da Biforco irato. Conte Broccardo messo a parar le spalle, rude e solenne ha dato il via. C’è sussultar di ruote e un tentennar di carri. Trasudano i muli scalpitanti, li frenano! I postiglioni frustano i trapele le bestemmie calano nel fondo. Oh, spettacolo immane, impressionante, giammai visto nel mondo! Si meraviglia il caldo sol dei cieli, il fior del rosolaccio e dello spino. I tamburi or sono alle Scalelle dove par che la strada sia men dura: si arrestano un momento a respirare, a tutto petto l’aria deliziosa, ma un rotolar di massi e di tronconi rompe la pace e cade sugli ignari. Rumor di tuono, paura e sgomento! La vendetta li ha colti a dieci, a cento, li spinge nelle forre e nel burrone; son cavalli, son fanti ed i cariaggi che precipitano in gran confusione. Urla, grida, bestemmie, imprecazioni, rumor di ferri disperati, tonfi. Vera tempesta con fulmini e tuoni! Disordine, ferite, gran spavento han reso timorosi gli spacconi che cercan scampo tra le macchie folte. Ma nel verde fogliame traditore altro sangue, altra morte, altro furore. I valligiani offesi, indemoniati, fanno lavar col sangue ogni sopruso. Pochi maschi, le donne ed i bambini battono, graffiano, spogliano i guerrieri così forti e potenti ancora ieri, ora tapini, deboli, in balia di due forche, una marra e la follia strappata alla miseria e alla pazienza da quattro o cinque spicci di violenza. Non si salva nessun, neppure il duce Michel Corrado di Landau il conte: disarcionato, sanguina la fronte, ferito e senza spada lo tengono prigione. Paura assai pesante tra le scorte che sbandate nei boschi e tra i dirupi cercan, fuggendo, scampo da quei lupi che senza tregua li vogliono a morte. L’acqua del torrente è fatta rossa del sangue di uomini e animali. La grande compagnia è sgominata e lacrima nei boschi pugnalata. Non riceve pietà: son fatte belve le donne nel cercar chi fugge: odio, rancore in ogni petto rugge. Cala la notte sopra l’ecatombe, si spegne ogni lamento dei feriti. La luna tinge bieca la vendetta che gode nel cantar della civetta.”
Al “Passo delle Scalelle”, nei pressi di Campigno è stato eretto, nel 1931, un cippo in arenaria per ricordare la “Battaglia delle Scalelle” (1358), quando i villani locali distrussero la compagnia di ventura comandata dal Conte Lando. Dino Campana nei Canti Orfici scrive: “…Ascolto: Le fontane hanno taciuto nella voce del vento
Dalla roccia cola un filo d’acqua in un incavo. il vento allenta
E raffrena il morso del lontano dolore.”
Della Battaglia delle Scalelle esistono tre rappresentazioni grafiche un bozzetto di Massimo D’Azeglio,
un disegno di Francesco Gonin ed un olio di Lanfranco Raparo.