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Marradi rende omaggio al ‘pittore contadino’ naif Galeotti.La mostra permanente sarà inaugurata sabato prossimo alle 17

giovedì 13 settembre
Marradi rende omaggio al ‘suo’ pittore, al ‘pittore contadino’ naif Francesco Galeotti, con una mostra permanente che sarà inaugurata ufficialmente sabato 15 settembre alle ore 17. L’allestimento è ospitato in una sala del Centro culturale Dino Campana ed è composto da 15 opere della collezione privata dell’artista, che sono state cedute di recente dalla moglie Maria al Comune.

Nei suoi dipinti, vere e proprie osservazioni colorate della natura appenninica, Galeotti ha raffigurato la vita rurale raccontandola attraverso i girasoli e le faraone, quali elementi del paesaggio e della vita agricola che animavano e coloravano la campagna e la quotidianità contadina, “elevandola ad incantata meraviglia e ad eterna fiaba”.

Oltre ai dipinti, la mostra permanente si compone anche di altri oggetti e strumenti di lavoro appartenuti al pittore. Un’artista di fama internazionale, tra i più grandi esponenti contemporanei della pittura naif. E le sue opere sono state esposte nei più importanti e prestigiosi musei del mondo.

Il “pittore contadino” è scomparso un anno fa all’età di 91 anni, ed era talmente affezionato al suo paese che tra le ultime volontà aveva espresso il desiderio di donare alcune opere alla comunità marradese. Ed è in primis l’Amministrazione comunale a ringraziare la generosità di Galeotti, con la realizzazione di una mostra permanente dedicata a lui e alla sua arte:

“E’ molto bello poter continuare tutti insieme ad apprezzare l’arte di Galeotti che ci parla dei nostri paesaggi, con la variegata vegetazione, con fiori coloratissimi e animali pieni di vitalità, primi fra tutti le amate faraone – sottolinea il sindaco di Marradi Paolo Bassetti -. Mi ha sempre colpito che Galeotti abbia iniziato a dipingere nel 1945 nel Campo di Concentramento, forse nel momento più difficile della sua vita; con la forza del cuore e della mente – commenta – è riuscito a sconfiggere il dramma del presente e sulle ali della fantasia ha dato inizio con ‘un sasso, un cordone, un bacchetto’, alla sua arte che poi l’ha accompagnato fino alla fine della sua lunga vita. Francesco, mi permetto di rivolgermi con confidenza all’artista per l’amicizia e la stima che da lunghi anni ci legava, insieme alla natura che faceva parte di lui – aggiunge -, ha molto amato le persone che ha incontrato nel suo cammino e il suo paese, rimanendo sempre semplice e autentico. Francesco Galeotti ha contribuito a far conoscere e amare Marradi e rimarrà per sempre uno dei personaggi rappresentativi del nostro Comune, la nostra riconoscenza e il nostro affetto continueranno nel tempo, intraprendendo tutto quelle iniziative volte a mantenere vivo il ricordo del nostro pittore, ma soprattutto – conclude il sindaco Bassetti – per far conoscere alle nuove generazioni la forza e l’autenticità della sua arte e del suo talento che lui considerava un dono di Dio.”

“I quadri donati – spiega l’assessore alla Cultura Silva Gurioli – rispecchiano il percorso artistico di Francesco Galeotti a partire dal 1956 con una natura morta, frutto della frequentazione del pittore Eduardo Gordigiani, notturni, nevicate, le faraone con i girasoli, uno dei suoi autoritratti fino alla festa di faraone al girasole del 2000. Un percorso artistico completo che esalta i toni accesi dei colori: il giallo dei girasoli, l’azzurro del cielo e dell’acqua e il rosa dei tramonti; faraone e girasoli, soggetti dominanti in Galeotti naif, la Torre di casa Cappello le trame di una favola che Galeotti di volta in volta vuole raccontare. Il filo conduttore della mostra – continua – vuol essere proprio Francesco Galeotti in prima persona che, dopo aver riscosso grande successo di critica ed aver esposto in numerose e qualificate gallerie e mostre le sue opere, oggi ci racconta la sua vita. La mostra permanente – conclude l’assessore Gurioli – è corredata dalla sua fisarmonica, dal cavalletto, dalla tavolozza e dai pennelli ed anche dalla scultura di una faraona”.

ufficio stampa
johnny tagliaferri

Il sindaco Paolo Bassetti inaugura sabato 15 settembre la mostra permanente del pittore contadino Francesco Galeotti (Marradi 1920-2011)

mercoledì 12 settembre
Francesco Galeotti è una delle figure più autentiche ed interessanti della pittura naive italiana ed europea del XX secolo ed occupa, con grandi meriti, un posto di rilievo nella pittura italiana per le sue meravigliose tele ricche di inconfondibili colori.
Galeotti è nato il 25 maggio 1920 a S.Adriano di Marradi (Firenze) dove è morto il 22 febbraio del 2011, contadino, ha iniziato a dipingere fra le soste delle sue fatiche nel 1952.

La sua predisposizione naturale lo avvicinano al grande pittore macchiaiolo Eduardo Gordigiani, durante i soggiorni a Popolano del maestro toscano, che premierà il suo allievo a Marradi nel 1957.
Ma la vera esplosione fantastica di Galeotti lo porta ad allontanarsi ben presto dal lato aneddotico delle cose rappresentate, a tal punto che la forma e gli elementi che popolano le sue tavole acquistano una vita pressoché indipendente: tali sono ad esempio i girasoli, le faraone e gli uccelli che finiscono per vivere un mondo fantastico abitato dalla poesia.

Il suo rapporto con Marradi è stato da sempre intenso e la Sezione “Amici di Francesco Galeotti”, della nostra Associazione, “Il Maestro di Marradi”, fin dal 2008 si è attivata per ricordarne l’opera e valorizzarne il percorso artististico insistendo affinché l’Amministrazione Comunale gli dedicasse uno spazio espositivo permanente. Sabato 15 settembre l’Amministrazione Comunale realizzerà una prima parte del suo progetto su “Francesco Galeotti”, grazie anche alla generosa intelligenza della vedova del pittore, Maria, che ha dato corpo alla volontà dell’artista di donare alcune opere alla comunità di Marradi, mettendo a punto tempestivamente tutto quanto occorreva per realizzare l’importante rassegna permanente delle opere di Francesco. In questa occasione ci piace ricordare che il rapporto di conoscenza e collaborazione tra Francesco Galeotti e l’Amministrazione marradese esiste da molti anni. Proprio a Marradi fece la sua prima personale ed il rapporto è continuato. Ricordiamo che nel 1991 a Marradi venne presentato il libro “Francesco Galeotti”; nel 1993 Firenze, a Palazzo Vecchio, allestì la grande rassegna europea sui Primitivi del XX secolo da Rousseau il Doganiere a Ligabue e scelse Galeotti per rappresentare la Toscana e l’Italia; nel 2009 il Comune di Marradi ripropose Galeotti, insieme a Rousseau il Doganiere, nella rassegna internazionale e nel libro “Dolce acqua salata” e nel 2010, anno del compleanno del pittore, uscì “Francesco Galeotti Novant’anni di vita a colori” realizzato dall’Associazione “Il Maestro di Marradi” con l’approvazione del pittore. Le opere di Galeotti si trovano in raccolte pubbliche e private europee e americane tra le quali: Il Museo Nazionale dei naif italiani di Luzzara (Reggio Emilia) Collezione della Baronessa Rockfeller (trenta dipinti distribuiti oggi nei Musei degli Stati Uniti)- Coll. Zavattini-Raggianti-Bargellini-Mazzacurati-Ferrante-Viotti-Nevio Iori-Galleria d’Arte Moderna di Firenze, Museum of Modern Art di New York- Colchester Gallery di Greenwich.

La sala Galeotti ed il progetto dell’Amministrazione Comunale va ad arricchire il patrimonio artistico del Comune e contribuirà alla divulgazione anche tra i più giovani di valori e idee e sarà una sorta di simbolo dell’Assessorato alla Cultura. Le tele donate, realizzate ad olio fanno riferimento alla produzione pittorica di cinquant’anni dell’artista e includono opere tipiche della sua maturità. Un pittore primitivo con radici nella cultura ottocentesca, un poeta innato e naturale. Il suo percorso artistico è stato composito ed in continua evoluzione, un percorso solitario e faticoso, così come era solitaria e faticosa la strada del contadino. Le sue tele sono piene di paesaggi campestri, con la torre di Casa Cappello, le faraone e i girasoli, temi che si ritrovano in tutta la sua produzione artistica caratterizzata da variazioni luminose, un rigore di forme ed una policromia di pennellate che rappresentano la sua inconfondibile firma.

Rodolfo Ridolfi
Presidente dell’Associazione Culturale “Il Maestro di Marradi

L’assessore Silva Gurioli a Ravenna per il Treno di Dante. Parte il comitato dei Comuni Tosco Romagnoli


IL PDL RILANCIA LA PROPOSTA DEL TRENO DI DANTE FAENZA FEBBRAIO 2012
domenica 9 settembre
E’ stato presentato domenica mattina 9 settembre nella cornice dei Chiostri Francescani di Ravenna il comitato “gli amici della Faentina – il treno di Dante”, che si è costituito oggi, per rilanciare i territori attraversati dalla linea ferroviaria che collega Ravenna e Firenze, le due città d’arte legate a Dante.
Quella del treno di Dante è una vecchia idea di Forza Italia, fin dal 1995, ripresa tre anni fa con una mozione all’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna, su iniziativa del PDL che, soprattutto, con il tour del febbraio 2012 , sotto la neve, conclusosi in Regione a Firenze al gruppo PDL l’ha rilanciata chiedendo il rafforzamento della Faentina e l’impegno ad istituire il “Treno di Dante”. Protagonisti di quelle proposte il consigliere Regionale romagnolo Guido Bazzoni e i suoi colleghi toscani Stefania Fuscagni, Alberto Magnolfi, Nicola Nascosti e Tommaso Villa, il Consigliere Provinciale di Brisighella Vincenzo Galassini, il capogruppo al Comune di Faenza Raffaella Ridolfi e l’Assessore del Comune di Marradi Silva Gurioli.
All’ appuntamento istituzionale il Sindaco di Marradi Paolo Bassetti era rappresentato da Silva Gurioli Assessore alla Cultura. Presenti Fabrizio Matteucci, Sindaco Comune di Ravenna, Rosa Maria Di Giorgi, Assessore all’Educazione Comune di Firenze, Paolo Valenti, Assessore alla Cultura Provincia di Ravenna, Paolo Donati,Vice Sindaco Comune di Russi, Germano Savorani, Assessore alle Attività Produttive Comune di Faenza, Davide Missiroli, Sindaco Comune di Brisighella, Giovanni Bettarini, Sindaco Comune di Borgo San Lorenzo e Marco Semplici, del Comune di S. Piero a Sieve.
Antonio Patuelli, presidente del Gruppo Cassa di Risparmio di Ravenna, ha insistito sulla modernizzazione della Ravenna-Faenza-Firenze come collegamento orizzontale tutto da valorizzare. Il trasporto ferroviario é, infatti, anche dal punto di vista ambientala da preferire. Le potenzialita’ sono enormi sia civilmente, sia turisticamente. Occorre pertanto -ha aggiunto Patuelli- un urgente maggiore sforzo coordinato innanzitutto delle due Regioni ed un forte sostegno dell’opinione pubblica. Il piu’ attivo circuito culturale fra Ravenna e Firenze -ha concluso Patuelli- può’ essere utilissimo per la ripresa dello sviluppo e dell’occupazione nelle aree interessate”.
Rosa Maria Di Giorgi, assessore all’educazione del Comune di Firenze ha espresso la massima condivisione per il progetto auspicando che le due Regioni interessate, Emilia Romagna e Toscana, riescano ad inserirlo fra le priorità nella Conferenza Stato Regioni ai fini della realizzazione. Si è inoltre dichiarata molto soddisfatta per le cerimonie della giornata impegnandosi a portare avanti nuove forme di collaborazione didattica fra le scuole di Ravenna e Firenze per coinvolgere i ragazzi sulla poetica dantesca”.
“Ho accolto con favore la proposta di tenere a battesimo a Ravenna nella cornice delle cerimonie dantesche questo progetto di valorizzazione del treno “Faentina” e la nascita del comitato che lo sostiene – ha dichiarato il sindaco di Ravenna Fabrizio Matteucci -. L’auspicio è che a questa alleanza sinergica tra Comuni romagnoli e toscani si aggreghino altre realtà affinché il percorso ferroviario Ravenna – Firenze venga adeguatamente attrezzato e promosso sotto il profilo turistico

Blog Biblioteca Marradi 93 Uomo e valore di Luigi Bandini: Come la politica ha mangiato la cultura

Uomo e valore
domenica9 settembre
Luigi Bandini, filosofo marradese, nel 1942, in pieno regime fascista, pubblica per l’editore Einaudi “Uomo e valore”, nel capitolo II “umana sostanza”, condanna l’umana degradazione compiuta in nome della “pretesa superiore dell’ente collettivo” che pretende di trasformare in gregario l’essere umano nel tentativo di ridurre l’individuo “a mero componente, ad una unità di una serie, di annegamento dell’individualità”. Mi piace ricordare come il libro di Bandini, che scrisse anche “Dalla massa all’individuo” si meritò il plauso di Benedetto Croce e Luigi Einaudi. Oggi la denuncia di Luigi Bandini resta di grande significato. Quante volte di fronte all’assunzione di responsabilità in direzione dell’etica e del diritto preferiamo ignorare il nostro destino attraverso distrazioni che aiutano a ridurre il nostro senso di isolamento, per esempio il “sesso, droga e rock & roll”. Oppure ci buttiamo nel lavoro o in un hobby, oppure nel conformismo, nel vivere come vogliono gli altri. Sicuramente possiamo ottenere una sensazione di immortalità collettiva attraverso l’azione comune e trarre conforto dal calore della massa, ma il costo è elevato: diventando parte della folla, il nostro io si dissolve prima ancora di morire. Harrington ha descritto tutto ciò come il “morire prima di morire” e il “suicidio a rate. Tragicamente, questo sacrificio dell’io razionale distrugge anche la nostra unica possibilità di salvezza. Alcuni reagiscono con furore. Condannati ad una troppo breve apparizione sul palcoscenico della vita, individui disperati adottano metodi sempre più assurdi per innalzare monumenti alla propria esistenza. Il dirottatore, il terrorista, il Kamikaze. A bene osservare nel rapporto fra cultura e politica, fra religione e politica, non ci si trova di fronte ad una opposizione, ma ad una coesistenza fra termini, al punto da poter ipotizzare un’interpretazione culturale della politica ed addirittura religiosa della politica. Nei Vangeli non si trova infatti né la condanna della realtà politica e neppure di quella economica. La fede autentica non si pone mai come rassegnazione, ma al contrario coinvolge il singolo pienamente nella vita quotidiana, al di là, però, di qualsiasi fondamentalismo. In questo orizzonte si colloca anche l’esperienza del Cristo, i cui insegnamenti si radicano nella cultura politica dell’Antico Testamento, a partire da quel «siate fecondi e moltiplicatevi» della Genesi che garantisce libertà politica ed uguaglianza a uomini e popoli. Infatti, più che di politica istituzionalmente ed ideologicamente intesa, nell’Antico Testamento ciò che interessa è il popolo, quale superamento della singola autocoscienza, morte dell’io e, come tale, realizzazione dell’ agàpe. Quest’ultima viene a porsi così nei termini di una vera e propria alleanza politica col Cristo e col prossimo. Si legge nel salmo 119, 10:«Sono straniero sulla terra; non mi nascondere i tuoi comandamenti» […] La differenza tra l’io e il mondo, si prosegue come obbligazione verso gli altri. Eco del dire permanente della Bibbia.

Giovanni Raboni

In quest’ottica politica culturale e cultura politica sono facili da scambiare, ma notevolmente diverse. Contro la politica culturale punta spesso il dito la sinistra che lamenta la scarsità dei mezzi destinati alla cultura strutturata e militante, che ammanta la politica, fine a se stessa, di involucri intellettualoidi e di falsi valori. I moderati prendono invece di mira spesso l’incapacità di focalizzare la cultura politica del centrodestra soprattutto in Italia ed in Europa. La differenza è sostanziale perché nel secondo caso, cultura non rappresenta soltanto un complesso di beni materiali e intellettuali, ma un paradigma di significati condivisi che si fa valore morale e prassi civile e sociale. La politica culturale è anzitutto una politica, e con il metro della politica va giudicata: valutando la capacità di mirare al bene comune, di gestire la complessa negoziazione tra gli interessi in gioco a vantaggio del maggiore numero possibile di attori coinvolti. In ambiti di così difficile gestione, come in generale nell’esercizio politico, l’abilità di raccogliere in una sintesi più alta esigenze trasversali rispetto agli schieramenti può diventare un fattore critico di successo. Nell’espressione cultura politica è invece la cultura a guidare. In questo contesto ha valore la capacità di alimentare un terreno condiviso, sul quale si innesta un’azione politica destinata a portare frutti duraturi. La sinistra riduce la cultura a strumento di propaganda per l’omologazione politica e punta all’ l’occupazione militare delle posizioni chiave dell’opinion-leading il campo dei riformisti moderati liberale offre, quando ci riesce luoghi di confronto per il garantismo, la deregulation, il riformismo istituzionale, la difesa dei valori identitari dell’occidente cristiano in una parola il liberalismo. Oggi la cultura per battere un colpo deve moltiplicare l’interesse sul dibattito prioritario sulla crisi dell’Occidente, mostrando con chiarezza che non bisogna cedere ad un falso progressismo, ad un modernismo relativo che vorrebbe liberarci da valori “obsoleti” in nome di una modernità coincidente con lo snaturamento e la triste omologazione planetaria di massa . Esiste invece una modernità autentica, che senza dimenticare le radici guarda al futuro. Ne è protagonista l’Io, un individuo libero, nel pieno dei suoi diritti, ma non isolato: è attraverso le relazioni fondamentali – la famiglia, la proprietà, il mercato – che egli costruisce la società civile. Procedere verso la modernità vuol dire sostenere lo sviluppo: impossibile senza rinnovare un patto produttivo, anziché scellerato, tra finanza e impresa, nell’ottica di un liberismo ben temperato. Ancora, modernità resta una parola vuota senza democrazia; occorre perciò all’interno appoggiare le riforme istituzionali, e all’estero promuovere l’evoluzione democratica, unica garanzia di stabilità internazionale e progresso. Così intesa, modernità spicca tra le parole chiave da diffondere e proporre all’area moderata e liberale. Concludendo il giusto rapporto tra intellettuali e politica, tra uomini di pensiero e partiti, tra operatori culturali e coalizioni politiche dovrebbe definire il legame tra la elaborazione delle idee e la prassi della politica. La politica sembra essersi mangiata la cultura perché con la sinistra è automatico che il rapporto si sviluppa secondo i canoni della pura strumentalità e della subordinazione, di una simbiosi o di un totale appiattimento delle ragioni della cultura a quelle della politica. Nel contesto di questo quadro generale, resta sullo sfondo il pesante condizionamento di una serie di pregiudizi, di equivoci e di complessi di inferiorità sui quali si è giocata la cosiddetta “egemonia culturale della sinistra” “talmente diffusa e soprattutto, si direbbe, così profondamente radicata, da trasformarsi nell’immaginario collettivo in una sorta di luogo comune metastorico” – secondo la quale i cosiddetti intellettuali sono “tutti di sinistra”.

Il filosofo Luigi Bandini

Giovanni Raboni un intellettuale di sinistra che si era schierato pubblicamente con Rifondazione Comunista ha avuto il merito di andare alle radici del luogo comune e di dimostrare che è del tutto infondato: “molti, anzi moltissimi tra i protagonisti o quanto meno tra le figure di maggior rilievo della letteratura del Novecento appartengono o sono comunque collegabili a una delle diverse culture di centro-destra che si sono intrecciate o contrastate o coesistite nel corso del ventesimo secolo”. Alcuni nomi: Barrés, Benn, Bloy, Borges, Campana, Céline, Croce, D’Annunzio, T.S. Eliot, C.E. Gadda, Hesse, Ionesco, Jünger, Landolfi, Thomas Mann, Marinetti, Montale, Palazzeschi, Papini, Pirandello, Pound, Prezzolini, Tomasi di Lampedusa, W.B. NEL MONDO, Un elenco incompleto, del resto, e limitato al piano letterario. Basterebbe spostarsi, anche sul piano filosofico, politologico, antropologico, cinematografico per vedere l’elenco estendersi a dismisura. Raboni cita anche i tanti transfughi della sinistra che, folgorati dalla rivelazione dei disastri delle utopie giacobine e leniniste, hanno poi finito con l’attestarsi su posizioni di anti-sinistra tra questi: Gide, Hemingway, Maulraux, Orwell, Silone, Vittorini… Pasternak, Solzenicyn

Rodolfo Ridolfi