25 Aprile: affinità in radice fra fascismo e comunismo.

martedì 25 aprile

UOMO NUOVO, FACILE EROE
Per evitare un’apologia fuori luogo, ripristinare, dove possibile, la verità storica e rendere onore alle vittime innocenti, è necessario
ricordare il fenomeno di ex fascisti diventati eroi e medaglie dell’antifascismo, in terre come la Romagna e la Toscana, che prima di essere comuniste, furono in tanta parte così fasciste. Questo trasformismo ipocrita, fu ben stigmatizzato da Gaetano Salvemini che, rimarcando la fragilità, lo spirito di accomodamento, anche la pavidità, di cui diede prova larghissima parte degli italiani, intellettuali in testa, lamentò come avessero “baldanzosamente esibito le loro idee socialiste, comuniste e cattoliche solo in tempi di bonaccia per poi ritornare facili eroi del 25 aprile”. Domenico Settembrini nel suo libro Fascismo controrivoluzione imperfetta scrive: “Mussolini disse nel 1921 conosco i comunisti. Li conosco bene perché parte di loro sono miei figli spirituali”. Ed era vero. Tanto che Gramsci, almeno fino alla svolta di Mussolini dal neutralismo all’interventismo, lo chiamava nostro capo. C’è quindi un’affinità in radice fra fascismo e comunismo. Mussolini affermava “Il corporativismo, se è serio, è socialismo” ed era impegnato a costruire, nella gioventù, l’uomo nuovo. “E difatti molti dei giovani fascisti, passarono al Pci, spesso venendo dal combattentismo repubblichino”. L’esempio del premio Nobel Dario Fo è emblematico del fenomeno. Scriveva Roberto Denti, scrittore e giornalista de Il Sole 24 ORE, fondatore nel ‘72, a Milano, della Libreria dei Ragazzi: “Prima del 25 luglio tutti dovevamo essere fascisti ma tutti eravamo stanchi della guerra”. Denti aveva diciannove anni quando cadde il fascismo e nel suo libro La mia Resistenza racconta come avvenne, in una villa di Trespiano nei pressi di Firenze, il suo passaggio da sbandato a partigiano grazie ad Antonio, nome di battaglia Cavaradossi, per la passione della lirica, che lo accompagnò e lo introdusse tra i partigiani della Brigata Roselli, nei monti di Marradi. “Nella villa avevo fatto amicizia col figlio del giardiniere, già militante tra i partigiani, riuscii ad essere convincente ed Antonio mi portò con lui nella brigata partigiana di cui faceva parte, a sud di Marradi e con lui raggiunsi la zona di Marradi. Al comandante dovetti dire come mi chiamavo, avevo scelto il nome Mandelli che era il cognome della nonna, la mamma del mio papà”. Marino Pascoli giovane partigiano romagnolo di fede mazziniana scriveva: “Prima di tutto dobbiamo distinguere i partigiani veri dai partigiani falsi. I partigiani veri sono coloro che hanno corso sul serio dei rischi, che hanno combattuto con fede per la liberazione d’Italia e questi, a dir il vero, sono pochi. I partigiani falsi che purtroppo sono la maggioranza, sono coloro che hanno fatto i teppisti mascherati, i collezionisti di omicidi, e che andarono in giro col mitra, quando nonmvi era più pericolo, a fare gli eroi. Questa gente anche se è riuscita a munirsi di un brevetto o di un certificato, anche se oggi milita indebitamente nelle fila dei partigiani, non bisogna avere nessuna esitazione a chiamarla teppa. Attenzione, partigiani veri, partigiani onesti, partigiani italiani e rimasti italiani, a non seguire coloro che vogliono vendere l’Italia allo straniero, altrimenti il vostro sacrificio sarebbe stato vano. L’organizzazione militare venne creata più tardi a rivoluzione d’Aprile conclusa. Quando contati i partigiani, rimpolpate le formazioni, aumentati gli effettivi, organizzate le forze comuniste e muniti i comandi di timbri e carta intestata, si procedette alla farsa della smobilitazione delle forze comuniste, si svolgeva, invece un’opera diametralmente opposta quella cioè di inquadrare ed organizzare per l’avvenire queste forze per un eventuale colpo di Stato. Alla fine della guerra secondo rapidi calcoli le forze partigiane furono fatte ascendere a quasi trecentomila unità. Praticamente di combattenti veri e propri ve ne furono circa un sesto della cifra predetta”. Episodi drammatici, frutto di prepotenza e di assurde ritorsioni, si verificarono anche a Marradi. Era il 14 giugno del ‘44, Pietro Carloni, capostazione titolare della Stazione di Marradi, come d’abitudine, era rientrato alla stazione ferroviaria di Fantino, in Comune di Palazzuolo di Romagna, oggi sul Senio, dove era assuntore suo figlio Armando. In casa c’erano soltanto Pietro e sua moglie Caterina, sorella di mia nonna paterna Agnese Palli, quando si presentarono alcuni individui armati di mitra i quali domandarono del capostazione, intendendo evidentemente riferirsi al capostazione di Fantino. Carloni non fece in tempo a rispondere “sono io”che ricevette una mitragliata al ventre. Caterina riuscì a chiedere aiuto ed a trasportarlo all’ospedale di Brisighella dove morì il giorno stesso. Nessuna giustificazione alla barbara e assurda esecuzione, molto probabilmente una vendetta nei confronti del figlio Armando che non aveva consentito che i sedicenti partigiani si impadronissero di un vagone di farina. Angiolina Ciani il 21 gennaio del ‘45 scrisse alla sorella Annarosa suora a Roma: “Gino Miniati, figlio di Florinda, tua comare (madrina) e marito di Lina Gigli, l’hanno ammazzato e tanti altri hanno fatto la fine del nostro Pietrino, non si sa dove sono!”. L’unica definizione, che mi convince per definire gli autori di quei crimini e di quelle assurde ed insensate vendette è questa “Teppa da reato comune, macchiata di sangue, di prepotenza e di ricatti”.
Il 1945, il 25 aprile in Italia e l’8 maggio in Europa, giorno della resa del nazismo, segnò una vittoria della libertà anche se in quei giorni fu liberata dalla tirannide solo la parte occidentale del continente. Bisognerà attendere fino, alla notte del 9 novembre 1989, caduta del Muro di Berlino, per assistere alla stagione della liberazione dal regime comunista, che, imposto in tanti Paesi di antica civiltà e cultura, li aveva precipitati nel sottosviluppo ed allontanati dalla comune matrice europea. La caduta del Muro di Berlino ha avuto ed ha lo stesso valore simbolico ed integra, nel nostro Paese, la liberazione dalla guerra, dal nazismo e dal fascismo. Per la prima volta, dal Nord al Sud e dall’Atlantico agli Urali, l’Europa si è riconosciuta tutta nel valore della libertà, che si è affermato come valore primario e condizione per l’esistenza di ogni altro.

Rodolfo Ridolfi

Presentazione del Candidato Sindaco e della lista del centro-destra unito

domenica 23 aprile
“perchè Marradi può essere l’ottava meraviglia del mondo”

In un clima di grande partecipazione ed entusiasmo, davanti ad oltre cento cinquanta persone nella Piazzetta antistante il centro culturale Dino Campana, si è svolta, palpabilmente viva e vibrante, la presentazione del candidato Sindaco del Centro destra unito, Stefano Benedettini sabato 22 aprile a Marradi.


Benedettini, al debutto sulla scena politica marradese, e molti dei candidati erano visibilmente emozionati.
L’intervento del candidato Sindaco, di una straordinaria concretezza e responsabilità, si è concentrato su due atti molto semplici, che molti marradesi si aspettano, e che saranno il segno immediato e riscontrabile di un immediato cambio di passo: apertura di Piazza Le Scalelle tutto l’anno e riparazione dell’orologio della Piazza che è diventato anche il suo slogan: “Marradi si è fermata alle 20,45 … e ora ripartiamo”. Si è poi detto convinto del fatto che essere Comune di confine sia un’opportunità e non un disagio ricordato il lavoro fatto personalmente con determinazione ed impegno per addivenire a protocolli d’intesa firmati al Viminale tra le due Regioni Emilia-Romagna e Toscana e tutti i Comuni dell’Appennino tosco emiliano coinvolti per l’intervento dei Vigili del Fuoco nei territori limitrofi fuori regione scavalcando i rigidi limiti imposti dai confini regionali, scelta fortemente voluta con lucida valutazione: perchè prima di ogni cosa siamo tutti cittadini italiani ed abbiamo diritto ad una risposta il più celere possibile soprattutto quando trattasi di emergenze. La convinzione di Stefano Benedettini è che Marradi deve sapersi indirizzare per avere massima collaborazione, disponibilità ed impegno sia sul fronte toscano sia su quello toscano emiliano-romagnolo

Dopo l’intervento del candidato Sindaco hanno preso la parola alcuni candidati consiglieri anche questi concentrandosi sulla necessità di dare risposta a problemi concreti come quelli che attengono alla scuola o alle case popolari e mettendo in campo alcune delle proposte contenute nel programma elettorale visionabile sulla pagina Facebook del candidato, tra le proposte il sogno e la volontà di dar nuovamente vita alla produzione del prodotto simbolo internazionale di questo territorio il Marron Glacès.
Non sono mancati alla presentazione i vertici locali e provinciali di Fratelli d’Italia, della Lega Nord di Forza Italia e dell’Unione di centro, che hanno portato il loro saluto ed hanno garantito il loro fattivo sostegno ed aiuto a Bendettini e al suo gruppo di lavoro, presente inoltre la consigliera regionale Tozzi a conferma di una attenzione anche regionale alle istanze marradesi. Lunedì 24 nella mattinata invece Forza Italia a sostegno di Bendettini schiererà la Deputata di Forza Italia Erika Mazzetti, unico rappresentante alla Camera dei Deputati del Mugello, che sarà a Marradi per una visita ad alcune significative realtà economiche assieme al candidato a Sindaco.
A chiusura degli interventi Stefano Benedettini ha voluto rimarcare come una persona che diventa Sindaco all’improvviso non può diventare onnisciente ma ha la necessità di poter contare sull’esperienza e sulla conoscenza di un gruppo di lavoro affidabile come quello che lo sostiene e a tal riguardo ha voluto preannunciare per la serata del 4 maggio un incontro in tema di sanità con il Dott. Francesco De Pasquale. Ricordando il padre da poco scomparso romano di nascita e stabilitosi a Marradi a seguito dell’alluvione di Firenze ha ricordato quando alla domanda perchè si fosse stabilito a Marradi questo gli rispondeva: perchè Marradi può essere l’ottava meraviglia del mondo.

Amministrative: Erica Mazzetti a Marradi lunedì 24 aprile

sabato 22 aprile
“Nessuna parte del nostro territorio deve essere mai abbandonata: penso soprattutto alle aree interne, a quelle di confine così ricche dal punto di vista ambientale e sede di moltissime imprese ma con servizi e collegamenti insufficienti. Con i fondi nazionali ed europei possiamo dare delle risposte concrete a seconda delle esigenze per creare le opportunità. La politica è questo: stare sul territorio, ascoltare, portare a Roma istanze e proposte. Perciò torno con estremo piacere nell’Alto Mugello e ringrazio il gruppo di Forza Italia.

A Marradi si vota e sicuramente cambiare amministrazione è fondamentale: anche per questo ci sarò, per sostenere il candidato sindaco e tutti i candidati al consiglio”. Lo scrive in una nota Erica Mazzetti, parlamentare di Forza Italia eletta nel territorio e componente VIII Commissione Ambiente, che lunedì 24 aprile sarà a Marradi per una serie di incontri: in programma la visita a tre aziende (Comes, Fabbrica Marroni, Acqua Brick), dunque pranzo nella cornice di Palazzo Torriani, quindi visita al Centro Studi Campaniani. Nel pomeriggio, l’On. Mazzetti sarà a Palazzuolo.

“LIBERI E FORTI”, RITORNO AL 18 APRILE ‘48 di Rodolfo Ridolfi

martedì 18 aprile

Siamo tutti figli del 18 aprile 1948, perché quel giorno fu il popolo vero, fu l’Italia profonda, dal nord al sud, che seppe difendere, unita, un patrimonio comune di valori ereditato nei secoli; perché quel giorno il nostro popolo seppe dire «no» ad una ideologia che, se avesse vinto, avrebbe portato in Italia il terrore rosso che già aleggiava sui Paesi dell’Est europeo, consegnati a Stalin dagli accordi di Yalta; perché, infine, il 18 aprile non vinse, come invece troppo comunemente si crede, il partito che ci avrebbe portati verso il cattocomunismo e la partitocrazia. Il 18 aprile fu giustamente definito una seconda Lepanto, in quanto se Lepanto ha impedito ai musulmani di invadere l’Europa, il 18 aprile ha impedito ai comunisti di conquistare l’Italia. Se il 25 aprile del ’45 segnò la fine del nazifascismo per l’opera determinante delle truppe anglo-americane e dei resistenti, il 18 aprile del ’48 fu la data in cui, con il voto, l’Italia decise per la democrazia e la libertà, sconfiggendo il pericolo frontista.

Come non sottolineare l’intelligenza politica, la lungimiranza ed il coraggio di Saragat, il quale si staccò da un partito socialista, ormai succube del Pci, per dar vita ad un socialismo liberale e democratico? Settantacinque anni sono passati da quel 18 aprile 1948, quando, alle prime elezioni dell’Italia repubblicana, i partiti del centro-destra ottenevano il 48,5% dei suffragi, battendo di oltre diciassette punti la lista di Unità Popolare, formata da Pci e Psi. Il significato della vittoria del 18 aprile va sicuramente al di là del pur considerevole risultato ottenuto dalla Dc, e supera di gran lunga la sigla stessa, sotto la quale tutti quei consensi vennero raccolti. Il 18 aprile vinsero i Comitati Civici, creati pochi mesi prima, che, forti di trecentomila volontari e di ventimila comitati elettorali, intrapresero una politica anticomunista e organizzarono una campagna elettorale nella quale risultò evidente, attraverso slogan e manifesti, che la posta in gioco era la salvezza del Paese dal comunismo. Vinse uno spirito di «crociata» in difesa della civiltà, un anno prima della scomunica lanciata da Pio XII, il 28 giugno del 1949, nei riguardi dei cristiani che aderivano alle dottrine del comunismo e che collaboravano con movimenti comunisti, e undici anni dopo l’enciclica Divini Redemptoris di Pio XI che aveva definito il comunismo «intrinsecamente perverso».

Certamente, una delle cause della sconfitta del Fronte popolare è da ravvisare nella levatura politica e morale di uomini come De Gasperi, Saragat, Einaudi. Fu così che i moderati contribuirono a salvare la democrazia e la civiltà del nostro Paese; mentre presuntuosi intellettuali di sinistra, ciechi di fronte ai crimini di stampo leninista-stalinista, iniziavano la loro triste marcia dentro il comunismo. Un’analisi di oltre mezzo secolo di storia italiana potrà contribuire a far luce sul significato politico e culturale di una data troppo importante per essere dimenticata, forse, un po’ troppo scomoda, dopo che gli sconfitti di ieri vorrebbero diventare i vincitori di oggi. Le istituzioni dovrebbero ricordare con gratitudine i protagonisti di quell’evento: Alcide De Gasperi, Giuseppe Saragat, Luigi Einaudi, Randolfo Pacciardi, che affermarono i valori della democrazia, della libertà, dell’atlantismo, dell’europeismo e dell’Occidente, valori che sono ancora attuali ed irrinunciabili.

Quella del 18 aprile 1948 non fu una delle consuete competizioni elettorali tra differenti forze politiche, ma una scelta di civiltà fra due opposte concezioni del mondo: fra un’Italia profondamente legata alle proprie radici nazionali, religiose e civili, ed una parte del Paese plagiata dall’utopia marxista-leninista; un’utopia che proprio nella primavera dello stesso anno portava con un golpe i comunisti al potere a Praga e forniva l’ennesimo saggio di brutalità nell’Europa dell’Est con la defenestrazione del socialista Masarik. Il clima da guerra civile di quegli anni, le aspettative dei comunisti italiani nei confronti dei partigiani comunisti jugoslavi di Tito, che avanzavano nell’Italia orientale, e l’eliminazione sommaria da parte comunista dei partigiani non comunisti e di tanti innocenti subirono il 18 aprile del 1948 un duro colpo.

Iscriz. nel rg. del Tribunale di Firenze il 3/06/2010 n. 5780, Direttore Responsabile RAFFAELLA RIDOLFI