Opera In-Stabile: Serafino Razzi 1531-1611 nel Quattrocentesimo anno dalla morte.

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domenica 1 maggio
Inizialmente l’idea era quella di dedicare una giornata “marradese” a questo frate domenicano di cui non molto si conosce. Serafino Razzi nasce “casualmente” a Rocca San Casciano come i fratelli minori, dove il padre Populano Razzi era stato nominato Podestà della Signoria di Firenze. Per tutta la vita comunque, firmerà le sue opere, gli atti di governo dei conventi ed ogni documento con il nome Serafino Razzi Marradese, come a riconfermare costantemente l’appartenenza alle radici della sua famiglia. Durante la vita ecclesiastica verrà sempre indicato con il cognome che spesso all’epoca, veniva sostituito dal luogo di provenienza. Ma Marradi aveva già dato all’Ordine Domenicano uno dei suoi più illustri fratelli, “Fra’Silvestro da Marradi di Evangelista, morto nel 1517. Il nome di Serafino è giunto fino a noi, principalmente per la fama di cui ha goduto l’opera “Libro Primo delle Laudi Spirituali”, che ancor oggi è oggetto di studio per eminenti docenti universitari, ricercatori e musicologi di tutto il mondo. Il tentativo di tracciare un profilo biografico della sua vita ha però aperto un mondo inatteso che, principalmente noi suoi concittadini, non conoscevamoappieno.
La ricerca condotta tra l’Italia, la Croazia e la Francia, basata sui documenti autografi, le opere a stampa “Cinquecentine” e gli atti degli archivi storici dei conventi dell’ordine, hanno fatto riemergere un uomo straordinario. Serafino Razzi fu uno dei più illustri rappresentanti dell’Ordine Domenicano del suo tempo: la fama di studioso, insegnante teologo, storico, poeta, biografo perdurò per tutto il XVII secolo. Come molti che godettero di straordinaria fama in vita , sul finire del 1600 il ricordo di lui andò lentamente scemando, relegandolo al ruolo generico di compositore di Laudi Spirituali. La storia raccontata nel libro “Fra’ Serafino Razzi OP Dottore Teologo Marradese” è incentrata principalmente alla parte della sua vita relativa al Regno di Napoli e in Croazia, oltre naturalmente alla produzione poetica legata ai libri di Laudi e Poesie Spirituali.Questo perchè la vastità della documentazione raccolta ha imposto una divisione “geografica” della sua lunga vita. Attualmente Serafino Razzi, in Croazia, Dalmazia e in tutti i Paesi Slavi, gode di una fama sorprendente. Le sue opere sono studiate e utilizzate come fonte di informazione storica a livello universitario ed è annoverato, quantunque autore straniero, tra i più importanti umanisti di quei paesi. Dalle scuole medie alle Università di belgrado, Lubjana, DubrovniK, Zagabria, Spalato, Cattaro, Serafino Razzi è conosciuto fin dal 1587 con l’appellativo di “Frate Bianco”. Si deve a lui la prima ed unica opera mai scritta sulla storia di Dubbrovnik, all’epoca Repubblica di Raugia o Ragusa, e non esiste nessuna altra opera di questo tipo fino al XX secolo.

Il 28 maggio prossimo venturo, a Marradi, dopo la presentazione del libro, nel contesto della conferenza storica sulla vita, le opere ed i viaggi di Padre Serafino Razzi, sarà aperta la mostra che vedrà esposto a Palazzo Torriani la cui prima edificazione si deve proprio a Serafino Razzi, di tutto il materiale raccolto che proviene interamente da collezzioni private.
Domenica 29 maggio nella Chiesa delle Suore Domenicane di Marradi, verrà eseguito da Opera In-stabile Orchestra diretta, diretta dal M° Giacomo De Simonis, lo “Stabat Mater” di Giovanni Battista Pergolesi, come ufficio in memoria. Il concerto sarà riproposto secondo la documentazione dell’epoca che riporta in dettaglio la prima esecuzione nella Cappella di San luigi al Palazzo di Napoli su commissione della Confraternita dei Cavalieri della Vergine dei Dolori. Il testo poetico dello “Stabat Mater Dolorosa”, sequenza poetica di venti strofe ognuna di tre versi, legate a due a due dalla rima, risale al XIII secolo ed ha con molta propabilità una matrice francescana. Un tempo questo testo veniva attribuito a Jacopone da Todi, morto nel 1306. Alla fine del XVI secolo, nel periodo post-tridentino, lo “Stabat Mater” era regolarmente impiegato come inno nella preghiera delle ore canoniche. Nel 1727 Benedetto XIII lo introdusse ufficialmente nel Missale Romanum come Sequenza per la Solennità per i Sette Dolori di Maria.

Barbara Betti

1° Maggio festa dei lavoratori, il discorso di Attilio Vanni in piazza Scalelle il 1° maggio del 1945

Il simbolo socialista del 1° maggio
domenica 1 maggio
Marradi Free News celebra il primo maggio riproducendo il testo del discorso di Attilio Vanni, nato a Marradi il 12 aprile 1885, biforchese, impresario edile, sindaco socialista dal gennaio all’ aprile 1945, membro socialista del CLN con Arturo Scalini.
Di Attilio Vanni scrive il maresciallo Ulderigo Gazzarini comandante la stazione dei reali carabinieri in una informativa del 14 ottobre 1927 V anno della Rivoluzione Fascista: “…Ha militato nel partito socialista…fu il primo pioniere del partito socialista di questo paese, tenne più volte conferenze pubbliche riuscendo di attirare la buona parte al socialismo gli operai di questo paese…”). Con Palmerino Mercatali, Guglielmo Ranieri uno degli ex amministratori “ sotto l’egida di Gigi il Rosso (Luigi Maestrini) e degli altri compagni che regnarono in Marradi con l’etichetta socialista”, Giovanni Bernasconi segretario socialista e della Lega Operaia aderente alla Camera del Lavoro di Firenze, Giuseppe Mercatali , Alessandro Cappelli e Domenico Vanni (Consigliere Provinciale nel 1920) Attilio Vanni è uno dei principali protagonisti della Marradi Socialista della prima metà del secolo scorso. Per il testo del discorso che ci è stato fornito in copia ringraziamo le nipoti Anna e Mirna Gentilini .
Il discorso tenuto da Attilio Vanni il 1° maggio del 1945, il primo dopo che Marradi fu liberata dagli alleati il 25 settembre del 1944, è una pagina molto bella, improntata ai valori più pregnanti del riformismo turatiano, preludio alle più moderne teorie socialdemocratiche che hanno prevalso nella storia del movimento operaio dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989.

“Cittadini marradesi, Compagni! Mentre gli ultimi avanzi di quella che fu la tirannia fascista volge ignominiosa e la giustizia umana ha finalmente inchiodato al muro il rinnegato Mussolini; mi è caro potervi liberamente parlare in questo 1° Maggio, che si riallaccia all’antica consuetudine di celebrare la festa dei lavoratori. Ricordiamoci, che non dobbiamo essere degli approfittatori di questa libertà tanto duramente conquistata poiché altrimenti cadremmo nell’errore del 1919, i fatti che si sono succeduti ci debbono dare esempio, se vogliamo che questa nostra Italia risorga bella e libera non insozzata di sangue impuro, non abbandoniamoci in pretese egoistiche, tutto ciò che desideriamo deve avere scopo collettivo, poiché soltanto, seguendo l’antica divisa socialista: uno per tutti e tutti per uno, potremo risanare le orribili ferite che dilaniano la nostra povera Patria. Nelle rovine e nelle distruzioni che vediamo nel nostro paese, dobbiamo vedere l’immagine di quelle che sono le sofferenze di tutta l’Italia. Mentre noi pensiamo intanto alla ricostruzione delle nostre case distrutte mettiamo in questa opera la nostra volontà e tutto il nostro spirito di sacrificio. Solo con una stretta e leale collaborazione di tutti i lavoratori del braccio e del pensiero, senza pregiudizio di partito, potremo riuscire ad ottenere veri e proficui risultati.
Lavoratori! Non aspettate a fare il vostro sforzo solo quando la vostra famiglia, sentirà la stretta del bisogno materiale, ma iniziamo subito l’opera della ricostruzione, con animo fermo e braccio vigoroso. Avremo così l’orgoglio di mettere il nostro paese uno dei più colpiti dall’asprezza della guerra, all’avanguardia dei paesi d’Italia.
Il braccio del lavoratore marradese, si è distinto sempre ovunque esso sia portato, in Italia ed all’estero, questo braccio deve oggi centuplicare le sue forze e dimostrare la sua bravura per ricostruire i focolari infranti e far sì che, il paese riprenda nel più breve tempo possibile il suo aspetto e la sua vita normale.
Date prova di voi stessi, perché soltanto così i vostri dirigenti potranno sostenervi di fronte a qualsiasi conflitto di interessi che potesse sorgere tra capitale e lavoro e difendere i vostri santi interessi.

Attilio Vanni 1 maggio 1945 ”

A cura di Rodolfo Ridolfi

Silva Gurioli nella Direzione Nazionale dell’AICCRE Sezione Italiana del Consiglio dei Comuni e della Regioni d’Europa.

Silva Gurioli
Silva Gurioli, Assessore all’ambiente, lavori pubblici e urbanistica del Comune di Marradi, che in occasione della XIV Assemblea Congressuale Nazionale AICCRE svoltasi a Roma nel marzo scorso era stata eletta nel Consiglio Nazionale, l’11 aprile 2011 è stata eletta nella Direzione Nazionale della stessa Associazione che è la Sezione Italiana del Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.

POL – Unità d’Italia, il ministero della Pa rende onore a Celestino Bianchi

Roma, 19 apr (Il Velino) – Il profilo di Celestino Bianchi è stato pubblicato oggi sul sito del ministero per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione (http://www.innovazionepa.gov.it/lazione-del-ministro/il-centocinquantenario-dellunita-ditalia/al-servizio-dei-cittadini.aspx) nell’ambito dell’iniziativa voluta dal ministro Renato Brunetta per ricordare, in occasione del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, i migliori 150 servitori dello Stato. Uomini e donne che nel corso della storia unitaria del nostro Paese hanno dedicato la propria vita al servizio della collettività in tutti i rami della pubblica amministrazione: a livello centrale e a livello locale, nei ministeri e negli Enti, nelle varie articolazioni della magistratura e delle forze dell’ordine, nelle aule scolastiche e universitarie, nelle strutture sanitarie, nei musei e nelle istituzioni culturali. Celestino Bianchi nasce a Marradi (Firenze) il 10 luglio 1817. A sedici anni si trasferisce nel capoluogo toscano per studiare presso gli Scolopi, sotto la guida di padre Giovanni Inghirami. Una volta divenuto insegnante di Storia e geografia presso l’Istituto femminile della SS. Annunziata, inizia a impegnarsi come giornalista politico.

Dal 1847 collabora con “La Patria” (che appoggia il gruppo moderato ricasoliano) e presto ne diventa segretario di redazione e poi responsabile. Il primo dicembre 1848 fonda “Il Nazionale”, cui imprime un indirizzo filo-piemontese che appoggia il triumvirato rivoluzionario formato da Giuseppe Montanelli, Giuseppe Mazzoni e Francesco Domenico Guerrazzi ma che si oppone al progetto di unione con la Repubblica Romana diretta da Giuseppe Mazzini. Collabora a titolo gratuito anche con “L’imparziale fiorentino”, giornale i cui proventi vengono destinati «a benefizio degli indigenti». Nel 1850, in seguito al ritorno del Granduca, il giornale viene soppresso e lui stesso viene rimosso dall’incarico di insegnante. Con il fratello Beniamino organizza allora una tipografia in Piazza Santa Croce (“Barbèra, Bianchi e comp.”) ma l’impresa non riscuote successo e presto viene ceduta. Riprende a collaborare con giornali letterari del tempo come “Il Genio” (1852-54) e la “Polimazia di famiglia” (1853-55). Fonda anche un altro giornale, “Lo Spettatore”, che dirige fino al 1858 rendendolo uno dei migliori fogli letterari della Toscana. Legato ai moderati filo-piemontesi, promuove tuttavia una linea politica che salvaguardi l’autonomia della Toscana. Nel 1859 diventa segretario del Governo provvisorio della Toscana guidato da Bettino Ricasoli in seguito alla fuga del granduca. La notte del 26 aprile in casa del fornaio Dolfi si radunano i capi del gruppo liberale nazionale e dei radicali, che stabiliscono per il giorno dopo una grande dimostrazione. Ne danno avviso a tutte le città toscane, scelgono i nomi per la giunta provvisoria di governo (Ubaldino Peruzzi, Ermolao Rubieri, Ferdinando Zannetti, Vincenzo Malenchini e Bettino Ricasoli, che rifiuta dovendo recarsi dal Cavour), e fanno stendere proprio da Celestino il seguente manifesto: “Toscani! L’ora è suonata: la guerra dell’Indipendenza d’Italia già si combatte. Voi siete italiani; non potete mancare a queste battaglie; e italiani siete anche voi, prodi soldati dell’Esercito Toscano; e vi aspetta l’esercito italiano sui campi di Lombardia. Gli ostacoli che impediscono l’adempimento dei vostri doveri verso la Patria devono essere eliminati: siate con noi e questi ostacoli spariranno come la nebbia. Fratellanza della Milizia con il popolo. Viva l’Italia, Guerra all’Austria! Viva Vittorio Emanuele Generale in capo dell’Armata Italiana”. Deputato all’Assemblea dei Rappresentanti della Toscana, viene in seguito eletto alla Camera per sette legislature consecutive (dal 1860 al 1880) e ricopre la carica di segretario generale del Ministero dell’Interno durante i due ministeri Ricasoli del 1860-61 e 1866-67. Collaboratore de “La Nazione” dal 1860, ne diventa direttore a partire dal 1871 trasformandolo nel quotidiano di maggior successo di Firenze (tra i suoi collaboratori Edmondo De Amicis, Carlo Collodi e Yorick figlio di Yorick, alias Pietro Coccoluto Ferrigni). E’ l’ideatore di rubriche di successo, come quella sulla moda femminile. Uomo della destra, in quegli anni scopre nella donna un nuovo tipo di lettore, tanto che nei giorni del referendum per l’annessione al Piemonte “La Nazione” ospita un dibattito sul voto femminile. A Firenze si rende protagonista di molte battaglie, tra cui quella per ottenere dal Governo nazionale una “legge speciale” per aiutare il Comune a ripianare la bancarotta creatasi per le molte spese sostenute negli anni in cui era capitale d’Italia. Studioso di Giambattista Vico, gli si devono anche alcune opere storiche come la “La geografia politica dell’Italia” (1843), “La Compagnia della Misericordia di Firenze. Cenni storici” (1855), “Federico Confalonieri e i carbonari del 21” (1863), “Manuale di Storia Moderna (1454-1866)” (1869) e “Storia della questione romana” (1870) nonché volumi a carattere patriottico: “Ciro Menotti”, “Venezia e i suoi difensori” (1863) e “I martiri d’Aspromonte” (1871). Tutta la sua opera è protesa all’unificazione dell’Italia sotto la Casa Savoia. Muore a Firenze il 29 giugno 1885.

Iscriz. nel rg. del Tribunale di Firenze il 3/06/2010 n. 5780, Direttore Responsabile RAFFAELLA RIDOLFI