8 marzo 2011 “Donne impegnate nell’Amministrazione del Comune di Marradi dal 1946”

FESTA DELLA DONNA 2011
“Donne impegnate nell’Amministrazione del Comune di Marradi dal 1946”
MARTEDI’ 8 MARZO 2011 ORE 16.00
Sala Riunioni Istituto Comprensivo D.Campana, lato parcheggio

Introduce:
Giovanna Bandini – Assessore alla Cultura del Comune di Marradi
Saluto del Sindaco Paolo Bassetti Intervengono:
Loretta Lazzeri – Presidente della Commissione Pari Opportunità della Provincia di Firenze
Anna Lisa Nocentini – Assessore Innovazione Comune di Prato

Al termine dell’Assemblea il Sindaco Paolo Bassetti consegnerà un attestato alle donne che si sono impegnate negli organi elettivi del Comune di Marradi.

Primo Marzo“Strapoesia” in omaggio a Dino Campana.

L'assessore G.Bandini R.Ridolfi la presidente M.Gentilini
venerdì 4 marzo
Si è respirata aria di famiglia il primo marzo al Centro Studi Campaniani di Marradi per la serata dal titolo “Strapoesia, in omaggio a Dino Campana nel 79° anniversario della sua scomparsa.
Il prefisso “stra” con valore superlativo è stato posto davanti al sostantivo poesia con l’intento di dare all’evento un’importanza particolare, in quanto rivolto a tutti i marradesi che si dilettano nell’arte di Calliope.
Il presidente del Centro Studi Mirna Gentilini ha evidenziato nella sua introduzione come tutti abbiamo bisogno di poesia anche se non sempre riusciamo a tradurre in parole e quindi a rendere intellegibili le possibilità creatrici e suggestive delle nostre intuizioni e della nostra fantasia.
A pochi è concesso di diventare un grande poeta, ma rimane rilevante il fatto che molti sentano la inspiegabile necessità di scrivere poesia.
A Marradi sono tanti coloro che provano questo bisogno e mettono sulla carta i propri sentimenti, le proprie riflessioni, i propri sogni e i propri ricordi. Il palcoscenico del Centro Studi si è aperto per dare loro la possibilità di condividere con altri questa passione. Hanno aderito 16 persone di entrambi i sessi e di età diversa che si sono messi in gioco, superando i propri pudori e affrontando il giudizio del pubblico. Tra i partecipanti nomi conosciuti perché hanno pubblicato le loro poesie o hanno vinto premi, ma anche persone che per la prima volta hanno osato mettersi in luce: Amaolo Adelaide, Barzagli Silvana, Bombardini Gabriella, Betti Emilio, Cantagalli Carlo, Cosci Licia, Cheli Lucia, Chiari Leonardo, Malavolti Leonarda, Montevecchi Paola, Morini Ivo, Mugnaini Claudio, Ridolfi Renato, Rivola Giovanna, Rossi Rosa e Sartoni Andrea.
Nonostante i mali di stagione e l’incipiente nevicata abbiano ostacolato la presenza di alcuni, le poesie, precedentemente inviate, sono state lette dagli stessi autori o, in caso di assenza, dal presidente del Centro Studi.
Erano presenti oltre ad un pubblico attento ed incuriosito l’assessore alla cultura Giovanna Bandini e il sindaco Paolo Bassetti che si è complimentato per l’iniziativa.
La serata è stata un piacevole viaggio nella fantasia e nella realtà, nella memoria e nel sogno evocati da testi poetici con temi vari e ritmi diversi che hanno regalato agli spettatori una tavolozza di sensazioni: gioiose,malinconiche, divertenti e comunque emozionanti.
Coinvolgente è stata la lettura di testi in dialetto, per quel fascino che riserva un idioma ormai lontano e misterioso, ma vivo nei ricordi e presente nella cultura marradese. Tra tutti è obbligo menzionare il maestro Renato Ridolfi, più che novantenne, che oltre alla poesia preparata per l’occasione, ha recitato briosamente due famose favole di Fedro da lui tradotte in dialetto.
A tutti i partecipanti è stato consegnato un attestato a ricordo di una serata che ha reso omaggio a Campana e alla poesia e ha gratificato quei marradesi che in essa si rispecchiano e trovano conforto.
L’iniziativa è sicuramente da riproporre perché ci sono ancora tante poesie chiuse nel cassetto che aspettano di prendere il volo.
Mirna Gentilini

Il 5 Marzo del 1889 nasceva Domenico Vanni: scalpellino, pioniere del socialismo, antifascista, fuoriuscito a Parigi, partigiano deportato a Mautausen cui Marradi ha dedicato una Via nella sua Biforco.

venerdì 4 marzo
Domenico Vanni nasce il 5 marzo del 1889 a Biforco ed è il terzo dei tre figli nati dall’unione fra Teresa Neri e lo scalpellino Antonio Vanni. Sua sorella primogenita Carolina Elvira era nata il 2 maggio 1886, suo fratello Domenico, nato nel 1888, muore dopo un giorno. Domenico, fra i dodici ed i quattordici anni, frequenta regolarmente la quarta classe elementare negli anni scolastici 1901-1903 e successivamente, per alcuni mesi, la quinta, come si legge nei documenti del Comune di Marradi. Non ha ancora ventiquattro anni quando nel febbraio 1913 sposa la diciannovenne Linda Albonetti che gli darà quattro figli: Teresa(1913), Dino(1918), Gina(1925) e Ines(1930). Da bravo scalpellino, come tanti italiani e molti biforchesi in quegli anni, va a cercare lavoro ad Iselle di Trasquera ed emigra temporaneamente all’estero in Svizzera rientrando di tanto in tanto a Biforco. A Iselle di Trasquera ispira il suo canto patriottico politico Dino Campana di quattro anni più grande di Vanni “canto proletario italo-francese”. Allo scoppio della prima guerra mondiale è in guerra. Il 25 Novembre del 1918 Linda gli da il secondogenito Dino Antonio che nasce a Biforco concepito durante una fuga dal campo che gli costa il 27 marzo 1918 una condanna a due anni di reclusione militare per diserzione inflittagli dal tribunale di guerra del campo riordinamento fanteria; condanna che non sconta per intervenuta amnistia in seguito all’armistizio del 4 novembre. Nel 1918 sindaco di Marradi è il socialista Palmerino Mercatali, ed e’ a far data da quel periodo, che il ventinovenne scalpellino abbraccia gli ideali socialisti che lo vedranno sempre in prima linea contro il fascismo che comincia a muovere i primi passi. Dirigente, iscritto alla Sezione socialista Spartaco di Marradi-Biforco, di cui è segretario Giovanni Bernasconi, con il sostegno della Sezione, della Lega Operaia, della Lega Proletaria e della Lega Gruppo Operaio di Palazzuolo di Romagna, si presenta alle elezioni del 26 settembre del 1920 per la Deputazione Provinciale di Firenze e viene eletto nel primo Consiglio Provinciale a maggioranza socialista della Provincia di Firenze insieme a Spartaco Lavagnini, Sebastiano Del Buono e Attilio Mariotti.
Ripetutamente condannato per motivi politici nel 1921-23,viene iscritto nell’elenco delle persone da arrestare in determinate circostanze. Espatria clandestinamente nel 1923 e farà rientro in Patria soltanto dopo il 25 luglio del 1943 per partecipare alla lotta partigiana. A Parigi Vanni conosce tutti i massimi esponenti dell’antifascismo in esilio: Eugenio Colorni, Giorgio Amendola, Pietro Nenni, Carlo Rosselli, Modigliani, il giovane Saragat, Randolfo Pacciardi. Giuseppe Saragat che comincia ad abbracciare il filone socialdemocratico nordeuropeo ed è profondamente antisovietico avrà su Vanni una influenza straordinaria e ne segnerà il credo politico allontanandolo con dolore da Nenni e Pertini che riabbraccerà al Congresso dell’unificazione socialista dell’Eur nell’ottobre del 1968. Nel 1929 i fascisti lo iscrivono in Rubrica di Frontiera. Su di Lui c’è un fascicolo Riservato del Ministero dell’Interno “… Esercita il mestiere di scalpellino dal quale ritrae i mezzi di sussistenza. Frequentava assiduamente la compagnia dei più noti sovversivi del paese. Verso la propria famiglia si comporta bene. Fu uno dei più accaniti e violenti sovversivi, individuo capace di svolgere propaganda fra le masse. Ignorasi se sia in corrispondenza epistolare con compagni di fede, sia all’estero che nel Regno. ..E’ ritenuto capace di svolgere propaganda sovversiva fra le masse perché dotato di facile e convincente parola. Prima dell’avvento del Fascismo manteneva verso le autorità contegno sprezzante e ribelle. E’ da considerarsi elemento pericoloso al Regime ed al Governo Nazionale. “…Vanni Domenico, oggetto di precorsa corrispondenza, il 19 agosto 1943 è stato arrestato a Mentone all’atto del suo ingresso nel Regno…” La Prefettura appena ricevuta la segnalazione- si legge sempre nell’informativa-“…in base alle vigenti disposizioni ne ha disposto il rimpatrio con il foglio di via obbligatorio al Paese di origine..” il 25 agosto viene infatti avviato a Marradi “…dove verrà esercitata debita vigilanza nei di lui confronti…” . Il 10 settembre del 1945 Il comandante della 6^ Brigata d’Assalto “L.Lavacchini” Donatello Donatini Presidente del CTLN di Borgo San Lorenzo dichiara che “…Vanni Domenico durante il periodo illegale è stato a contatto con questo Comando svolgendo numerosi e difficili incarichi affidatigli. Ha prestato la sua opera in favore di partigiani feriti sottraendoli alla cattura dei nazisti ed offrendo loro tutte le cure possibili. Inoltre il Vanni ha partecipato a numerose azioni…l’azione del 25 aprile 1944 in località Pian delle Fagge in Comune di Palazzuolo di Romagna, azione che portò alla liberazione di un gruppo di aviatori americani caduti col proprio apparecchio in detta località. In detta azione furono uccisi due militi fascisti, uno ferito e gli altri disarmati. Il Vanni arrestato il 25 maggio venne sottoposto a sevizie onde rivelasse la località ove accampavano i partigiani ed il nome dei componenti del CLN di Borgo San Lorenzo. Egli manteneva un contegno ed una fermezza esemplari riuscendo così a frustrare tutti i tentativi dei nazisti. Internato poco dopo in Germania nel campo di Mathausen rientrava in Italia dopo 14 mesi di prigionia ..”
Vanni è deportato prima a Fossoli poi a Mauthausen matricola n. 76616; poi nel sotto campo di Peggau. Con lui a Mauthausen ci sono i marradesi: Alberto Ciani,matricola n. 76295,Giampiero Verdi,matricola n. 57465, Armando Visani, matricola 76629, Bandini Claudio, matricola n. 76221. Dopo la liberazione, Il Comando generale delle forze armate Usa nel teatro operativo del Mediterraneo gli conferisce un formale riconoscimento e nell’aprile 1946, è eletto consigliere comunale e delegato Vicesindaco. a vent’anni dalla sua morte, Parigi 1971, Il Consiglio Comunale gli ha intitolato una Via nella sua Biforco.

Il 1 marzo 1932 moriva Dino Campana.

lunedì 28 febbraio
Settantanove anni dalla morte si rinnova, intenso e fulgido, il ricordo di Dino Campana, poeta.
Era nato ai piedi dell’Appennino tosco-romagnolo, tra vigne di Sangiovese e boschi di “Marron Buono”, nella grossa borgata di Marradi, già “Capitale culturale” della Romagna-Toscana, sul fiume Lamone, il 20 agosto 1885.
Spuntato nel clima borghese di una della famiglie bene, Dino è timido, scontroso, anticonformista.
Aperto ad esigenze libertarie, mal si adegua alla monotona vita del borgo e si muove turbinosamente in un mondo, che gli diventa sempre più ostile.
Prende a fuggire in cerca di arie nuove, che plachino le sue ansie, aiutino le sue ricerche poetiche e gli rivelino la sua “Chimera”. Poi, sempre, ritorna all’ingrata terra, richiamato da un interno indomabile amore.
Tracciare il quadro biografico di un personaggio siffatto è, senza dubbio, impresa scabrosa, tanto è il travaglio, che circonda, anche platealmente, l’umano pellegrinaggio del nostro poeta, il più grande dei poeti del nostro novecento.
Amatore di donne maliarde, eteree, di luoghi incantevoli, mistici, eccitanti, di cui il nostro territorio è, anche se molto sconosciuto; strapieno di realtà umili e sofferenti, che, nella loro ignoranza, serbano grande affetto e stima al poeta.
Scopritore di luci e ombre violente, fosche, sfumate e, sempre, grande attaccamento al suo paesello, fatto di “fughe di tetti al sole, di lunghe verande fiorite, di cupole rosse, di campanili che si affollano, di commenti variopinti di archi, di larghi specchi d’azzurro”, ma anche di ostinata superficialità, di conformismo incallito, di “doctrina” insulsa ed ipocrita, sempre pronta a non capire, a condannare.
E’ profondamente spinto ad agitarsi, a mal sopportare lo sconforto crudele e a fuggire, come un perseguitato, dalla sua terra, che lo gratifica, quasi sempre, di un’aneddotica semplicistica e falsificante l’alta poetica dell’artista che fu ribelle.
Si vorrebbe, ancora oggi, da qualche parte, far passare sulla sua opera quella zavorra, ma non serve, perché la poesia cristallina di Campana esplode genialmente in un impressionante crescendo di luminosità, che abbaglia ed entusiasma i cuori e le menti con musicalità di armoniosi accenti, di colori smaglianti, di immagini paradisiache.
Tanti i cuori conquistati alla poesia campaniana.
“Son colorismo, più che altro, diceva Dino stesso dei suoi lavori originali, pregni di profonda sensibilità, che fanno presagire lo stato patologico, che si concluderà con le “tenebre” della follia, ma il cui risultato più puro proviene, – così il Cecchi -, da un incontro di realtà profondo”.
Quando la Stamperia Ravagli di Marradi, (dopo l’estenuante attesa di un giudizio di merito da parte del Soffici e del Papini, che, invece, smarrirono il manoscritto di Dino “Il più lungo giorno ”) accetta, nel 1914, di stampare i “Canti Orfici”, dietro la concreta solidarietà del Prof. Luigi Bandini e altri pochi, si apre un capitolo nuovissimo ed “irripetibile” della nostra letteratura.
L’opuscolo giallo paglierino, con su scritto il titolo in nero, goticheggiante,semplice, disadorno appare come severa condanna del vuoto futurista, incipiente preparazione di torbidi momenti.
Il messaggio campaniano, due sole parole “Canti Orfici”diretto all’anima e al cuore dell’uomo libero, sferra la grande offensiva, che porterà la netta vittoria della poesia e illuminerà di nuovi bagliori la soffertissima esistenza del Nostro, che aveva iniziato, nel 1918, l’atto finale della sua umana commedia col ricovero a Castel Pulci.
Aveva soltanto quarantasette anni, il primo marzo del 1932, quando il sipario calò sulla triste vicenda.
Silenzio profondissimo intorno e altri scempi scesero su Dino Campana e la sua opera, fatta eccezione di qualche inimmaginabile apertura.
E Marradi? Zitto!
Poi il risveglio, soprattutto, col Marradi dei giovani del dopoguerra, io fra essi, innamorati del loro “poeta maudì”, si arrivò alle basi di un “Premio Nazionale” di poesia, affidato ai prestigiosi nomi di Giorgio Saviane, Claudio Marabini e tanti altri importanti, che vedrà crescere a dismisura, la schiera dei cultori campaniani nel mondo, con tanti traduttori dei “Canti Orfici”. Un’azione continua di esaltazione di Dino Campana si propone, anche, di esaudire il grande desiderio del Poeta: quello di riposare nella sua Terra natale, anche se matrigna, desiderio irrealizzato, più per ragioni di bottega, che per nobiltà d’animo e riconoscenza. I resti mortali del Campana non sono mai arrivati nel mausoleo, semplice, ma amoroso, da tempo preparato nella sua città, così il suo spirito non ha ancora potuto acquietarsi nel “Ritorno”.
“ Nella stanza ove le schiuse sue forme dai velari della luna io cinsi un alito tardato: e sul crepuscolo la mia pristina lampada instella il mio cuore vago di ricordi ancora……
L’estate avrà purificato i cieli.
Gli arabeschi chiuderanno
un sarcofago
sotto ai cieli fosforei,
Il miracolo sublime
Io sarò ritto tra i ceri
Incoronato in fondo
tra le navate trionfali
sul popolo enorme prostrato
davanti la grande scalea
Svanente tra le brume lunari
Davanti l’infinito
della forza e del sogno”. “Canti Orfici”
Solo così finirà il torturato viaggio umano del “più povero dei Poeti portante una ricchezza indimenticabile”.
Renato Ridolfi

Iscriz. nel rg. del Tribunale di Firenze il 3/06/2010 n. 5780, Direttore Responsabile RAFFAELLA RIDOLFI