10 luglio 1944 i partigiani Bruno Neri e Vittorio Bellenghi cadono in combattimento contro i tedeschi a Gamogna.

domenica 10 luglio

Sono passati 78 anni da quando, il 9 luglio 1944 i tedeschi a Marradi fucilano il partigiano Iandelli e il 10 a Gamogna caddero in combattimento il calciatore partigiano Bruno Neri e Vittorio Bellenghi. In questa circostanza ci piace commemorare i giovani che sulle nostre montagne si immolarono per restituitrci la libertà e ricordare il coraggio del prete marradese Don Ferrini.

Al sergente partigiano Sergio Iandelli, ventenne, pellettiere fiorentino della 36a Bianconcini, catturato il 9 luglio 1944 seviziato e ucciso dalle SS tedesche, fu dedicata una lapide posta sul muro della strada che conduce a Palazzuolo sul Senio il 23 luglio 1945.


Domenica nove luglio ‘44 nel Casale di Modigliana, dove si trovava il parroco partigiano don Angelo Savelli, si riunì il battaglione Ravenna, forte di una quarantina di uomini, per prendere posizione fra la banda Corbari e la 36a Brigata Garibaldi Bianconcini. Il comando venne affidato a Vittorio Bellenghi, Nico, ex ufficiale del Regio Esercito ed al suo vice Bruno Neri, nome di battaglia Berni, (calciatore che aveva giocato nel Faenza, poi alla Fiorentina fino alla stagione 35/36, nella Lucchese nel Torino fino al 1940 e nella Nazionale italiana dove esordì il 25 ottobre 1935 contro la Svizzera. L’attività partigiana non gli impedì di tornare ad indossare gli scarpini da calciatore: partecipò, infatti, al Campionato Alta Italia 1944 con la maglia del Faenza). La formazione partigiana si mise in movimento lungo il sentiero del crinale, diretta al Lavane e la sera aveva sorpassato il Torretto e l’indomani avrebbe raggiunto Gamogna.

La strada fra Marradi e San Benedetto brulicava di tedeschi che avevano alle Canove il loro comando retto da un capitano con circa cento militari e molti uomini del luogo, rastrellati forzatamente e costretti ai lavori stradali. I due comandanti, partigiani, Bruno e Vittorio, decisero, con grande imprudenza, di andare da soli in avanscoperta a perlustrare l’area. Quando, nel primo pomeriggio, con le armi in pugno, giunsero al cimitero, vennero sorpresi allo scoperto da una pattuglia tedesca e nello scontro a fuoco furono uccisi. Il parroco, don Angelo Ferrini, cercò di dare ai due giovani una sepoltura dignitosa, ma, come raccontò in una intervista del 1989, dopo aver trasportato, aiutato dal partigiano Vincenzo Lega, i corpi dei due giovani nella cappella del cimitero parrocchiale, si recò in municipio a Marradi a chiedere le bare che gli furono negate con questa motivazione: “Non possiamo disporre nulla per dei traditori, per dei partigiani”. “Quindi dovemmo seppellirli in una fossa comune avvolti nella paglia e nelle frasche”. Il giorno successivo don Ferrini durante l’imponente rastrellamento nazista, dopo essere stato apostrofato dai tedeschi “Tu pastore badogliano adesso fare Kaput a te e bruciare chiesa”, come racconta Carlo Martelli nel suo libro Fascismo Antifascismo, sfuggì per miracolo alla morte grazie all’intercessione, presso i tedeschi, del parroco di Albero, don Vittorio Fabbri.

Rodolfo Ridolfi

Raffaella Ridolfi assume la Direzione del nostro giornale. Rodolfo Ridolfi traccia il bilancio di dodici anni di attività.

sabato 9 Luglio 2022.

Raffaella Ridolfi
Cari lettori,
Dopo 12 anni di intensa attività e senza ricevere un solo euro di pubblicità, Marradi Free News il primo portale e quotidiano online della Romagna Toscana, di mia proprietà, che pubblica sotto la mia direzione dal giugno 2010 cambierà direttore responsabile, sarà Raffaella, mia figlia giornalista pubblicista da oltre 15 anni ad assumere l’impegno, io continuerò ad essere direttore responsabile del quotidiano nazionale Free News on Line e mi dedicherò allo sviluppo dei Quaderni di lettere e cultura “Il Maestro di Marradi” Rivista che nasce d’intesa con Opera-In Stabile di Barbara Betti. Lascio il giornale, cui continuerò a collaborare in ottime mani. In questi dodici anni di vita, Marradi Free News si è fatto promotore di numerose iniziative culturali, la più importante Il Premio Letterario Nazionale Dino Campana on Line- La Poesia ci salverà che giunge il prossimo 10 settembre alla sua 9^ Edizione. Quest’anno, insieme all’ormai consueta cerimonia di premiazione, Marradi Free News ed Opera In-Stabile hanno in serbo per il pommeriggio una eccezionale sorpresa che regaleranno a tutti coloro che amano la “musica colta”

Marradi Free news è ad oggi il primo ed unico quotidiano online nel territorio dell’Alto Mugello-Romagna Toscana. Un fatto storico che non poteva che accadere nella terra di Dino Campana, di Celestino Bianchi, fra i fondatori e direttori de “La Nazione” e di Anacleto Francini, giornalista a Torino alla Gazzetta del Popolo e poi alla RAI.
Marradi Free News in questi dodici anni ha offerto una lettura della realtà di Marradi del Mugello, della Valle del Lamone e della Romagna Toscana mettendo a disposizione le notizie, ma anche spesso un modo per comprenderle meglio ed ospitando migliaia di comunicati che i lettori, le Associazioni e le Istituzioni hanno indirizzato alla Redazione.
Marradi è un luogo ricco di energie e potenzialità culturali, artistiche, ambientali, turistiche ed umane, inespresse, quindi spesso sprecate. Il nostro territorio, dove spesso si manifestano rassegnazione e galleggiamento, i mali contro i quali continueremo ad impegnare le nostre iniziative editoriali e la nostra passione civile, ha bisogno di un tessuto cittadino più moderno e dinamico. Marradi Free news, che nasce e vive con una struttura volontaristica, è costruito con le competenze di chi, senza beneficiare di nessuna contropartita diretta od indiretta, le mette liberamente e gratuitamente a disposizione degli altri: Associazioni, Istituzioni e cittadini. E’ un’occasione da non perdere ed in questi anni in moltissimi l’hanno colta.

I numeri ci attestano che a dodici anni di distanza dall’inizio della nostra esperienza l’attenzione e la fidelizzazione dei lettori è straordinariamente aumentata, a fronte di un calo rilevante dei residenti. Il bilancio che ne traggo è positivo soprattutto per chi collabora in redazione e per i lettori. Il collegamento con Facebook, twitter, google+,linkedin e whats up, con i migliori anni della nostra vita a Marradi ed il Maestro di Marradi e la collaborazione con i media del territorio romagnolo e toscano ci hanno consentito di incrementare la divulgazione delle notizie, soprattutto le più importanti ai nostri lettori. La nostra attività continua sui web: www.marradifreenews.com e da oggi su www.dinocampanacarlo,com il sito della rivista di lettere e cultura.
Sono sicuro che Raffaella saprà fare molto bene e raggiungerà risultati importanti e Le auguro Buon Lavoro!

Rodolfo Ridolfi direttore responsabile

Ridolfi apre la rassegna “Vita, poesia, amore e follia di Dino Campana ” parlando di Dante e Whitman nei Canti Orfici

mercoledì 6 luglio
Concludendo la serata inaugurale della rassegna: Vita, poesia, amore e follia di Dino Campana nel Chiostro del Convento dell’Osservanza di Brisighella dove sono intervenuti anche Giovanni Tonelli ed Elisabetta Zambon
Rodolfo Ridolfi di fronte ad un numerosissimo ed attento pubblico ha detto fra l’altro:

Nel corso L’ anno di Dante mi ha riportato alla mente tre grandi eventi nel segno di Dante e di Campana che ho condiviso con il Prof. Luigi Bonaffini del Brooklin College di New York il più autorevole e competente studioso della componente dantesca in Dino Campana: il genetliaco campaniano il 20 agosto 1992 a Marradi, la giornata di Studi su Campana dell’American Association of Italian Studies nel 2004 ad Ottawa ed il convegno del 2008 a New York all’Istituto Italiano di Cultura dove Bonaffini tenne una lezione magistrale su Dante e Campana ed io parlai di Whitman e Campana.
I Canti Orfici sono un grande album di un paesaggio influenzato da citazioni culturali toscane Giotto, Michelangelo, Leonardo, Piero della Francesca immerse nel presagio dei suoi “divini primitivi” Dante e Frate Francesco. oppure in quelli barbarici e bizantini della Romagna: ‘Volevo nel paesaggio collocare dei ricordi” afferma Campana.
Mio padre definisce Campana “il più grande poeta italiano del novecento” forse con la stessa autrance di Carmelo Bene che negli anni ottanta portò su alcuni palcoscenici dei più importanti teatri italiani insieme alla lectura Dantis la lettura di Campana e ricordo per avere assistito ben due volte, a Firenze e a Prato, alle sue performances come l’attore pugliese affermasse che Dante era stato il più grande poeta italiano del Medioevo e Campana era il più grande poeta italiano del nostro novecento.
Dino Campana chiude gli Orfici con una citazione a colophon da Walt Whitman: “They were all torn/and cover’d with the boy’s blood”. che nel Song of Myself è in realtà “ The three were all torn and cover’d with the boy’s blood”. Carlo Pariani nelle sue Vite non romanzate di Dino Campana scrittore e di Evaristo Boncinelli scultore scrive: …L’epigrafe finale tradusse così: Erano tutti stracciati e coperti col sangue del fanciullo” aggiunse “E’ una poesia di un americano Walt Whitman”.
Lello Campana, anch’egli poeta e grande appassionato di armi, buon amico di famiglia più volte parlandomi di poesia mi raccontava dell’avventuroso viaggio di suo cugino Dino in Sud America e della sua partenza da Genova: “Quando partì da Genova, l’aveva accompagnato mio padre Torquato, aveva con se una lettura che lo entusiasmava Leaves of Grass di Walt Whitman e la pistola belga calibro 38” che aggiungeva Lello, “ho usato tanto anch’io”. Whitman è il centro della letteratura statunitense ma ha influenzato anche quella che attinge ad altre radici da Thomas Stern Eliot a Ezra Pound, da Federico Garcia Lorca a Borges, Pablo Neruda, Dino Campana e Cesare Pavese. Fra le sue fonti letterarie Omero, Eschilo, Dante. Come quella di Dino Campana la poesia di Whitman è permeata di Dante Alighieri che Whitman raccontò di aver letto in un bosco. L’americano che, a differenza di Campana visse a lungo influenzò il poeta di Marradi non soltanto nel colophon ma anche nel finale di Pampa dove si possono cogliere diversi riferimenti a Whitman; il bivacco notturno che ricorre nella sezione Drum Taps contamina Campana così:
“Mi ero alzato.
Sotto le stelle impassibili, sulla terra infinitamente deserta e misteriosa, dalla sua tenda l’uomo libero tendeva le braccia al cielo infinito non deturpato dall’ombra di Nessun Dio.”


Campana stesso afferma di voler creare una poesia italiana di stampo europeo. E’stato, ampiamente documentato dalla critica che nella poesia orfica di Dino Campana confluiscono varie esperienze culturali e letterarie, tra cui la tradizione misterico-religiosa, la poesia europea appartenente al filone orfico, e poi Nietzsche e Schurè. Non c’è dubbio che egli fosse sempre disposto a raccogliere ciò che di valido la tradizione occidentale poteva offrire. La ricerca e la scoperta di una nuova dimensione poetica non comportava affatto il rifiuto indiscriminato della tradizione, come alcuni hanno voluto credere, fedeli al mito di un Campana ribelle ed avanguardista a tutti i costi, ma si basava, e lo stesso poeta lo dichiara apertamente in una lettera del ’15 a Papini, sull’innesto della “più viva sensibilità moderna nella linea della più pura tradizione italiana”. La più pura tradizione italiana per lui significava soprattutto Dante e Leopardi, come suggerisce in un’altra lettera ad Emilio Cecchi: soprattutto Dante su cui la poesia moderna doveva innestarsi Infatti i riferimenti espliciti a Dante sono numerosi nell’opera di Campana. L’immagine di Francesca è un leit motif che ricorre più volte nella Notte e nella Verna, mentre non mancano i versi danteschi citati per intero. Il dantismo di fondo dei Canti orfici si trova ad esempio nelle similarità tra la salita alla Verna e l’ascesa purgatoriale di Dante: Ed è poi evidente il nesso tra la “poesia di movimento” di Dante, come la chiama Campana, ed il motivo del viaggio nei Canti Orfici.
La presenza di Dante nei Canti orfici è da considerarsi di importanza fondamentale alla comprensione della struttura e del sottofondo mitico-religioso del libro
Come sempre la poesia di Dante risulta dalla lotta tra il nordico e il latino Ed è ancora Dante lo scrittore che personifica l’arte crepuscolare per eccellenza:
L’arte crepuscolare (era già l’ora che volge il desio) in cui tutto si affaccia e si confonde, e questo stadio prolungato nel giorno aiutato dal vin de la paresse che cola dai cicli meridionali e nella gran luce tutto è evanescente e tutto naufraga, sì che noi nel più semplice suono, nella più semplice armonia possiamo udire le risonanze del tutto. II riferimento a Dante è ripetuto in un altro brano dei Taccuini sull’arte crepuscolare: … in queste sere in cui è profondamente dolce la voce dell’organetto, la canzone di nostalgia del marinaio, dopo che il giorno del sud ci ha riempito du vin de la paresse. Il marinaio è, naturalmente, quello dell’ottavo canto del Purgatorio (“era già l’ora che volge il disio”), mentre l’organetto è senz’altro un riferimento alla “dolce armonia da organo” (Par. XVII, 43).


La Vita Nuova specialmente,
Nel senso che i Canti orfici, come la Vita Nuova, sono un diario spirituale, un libro della memoria letto in retrospettiva alla ricerca di un significato simbolico, una disciplina e una iniziazione alla vera via della salvezza, l’analogia tra i due libri e apparente. Nei Canti orfici è evidente lo sforzo di reinterpretare e riordinare esperienze ed episodi sconnessi attraverso la memoria, che diventa così, come in Dante, rivelazione e strumento di rigenerazione spirituale. Ma se Beatrice conduce Dante al Paradiso ed alla Trinità nella Divina Commedia, in Campana Euridice s’identifica con la Chimera, l’Amore ambiguo, che conduce il poeta sia in alto sia in basso. La differenza essenziale tra il viaggio di Dante e quello di Campana è che il primo si muove dalle tenebre verso una luminosità sempre maggiore, mentre Campana si muove attraverso le tenebre, penetrate di quando in quando da bagliori che però non riescono ad abolirle. Mentre la poesia di Dante segue un movimento verticale. quella di Campana segue un movimento ciclico.
Persino l’alternanza di prosa e versi negli Orfici potrebbe far pensare alla Vita Nuova per quando diversi i risultati. Dante nella prosa controlla, unisce e commenta i componimenti in versi, con chiarezza critica ed intellettuale. In Campana la prosa non è separabile dalla poesia, e non ha quindi la spiccata funzione strutturale della prosa della Vita Nuova. Ma se i Canti orfici si considerano nel loro insieme, si nota che i componimenti in versi spesso forniscono un’intensificazione e risonanza del materiale presentato in modo piu’ esteso nella prosa. Questo è vero per i Notturni rispetto alla prosa della Notte e per “Immagini del viaggio e della montagna” e “Viaggio a Montevideo” rispetto alla prosa della Verna.
I parallelismi strutturali e tematici tra l’entrata di Dante nella città di Dite e l’entrata di Campana in Faenza sono notevoli. La torre, sia in Campana sia in Dante, è il punto focale del loro graduale avvicinarsi alla città.
Ecco l’inizio della Notte:
Ricordo una vecchia città, rossa di mura e turrita, arsa su la pianura sterminata nell’Agosto
torrido…
E Dante: (Inf. VIII, 67- 74)
II Canto V dell’Inferno aveva per Campana un fascino particolare. Un altro riferimento diretto lo troviamo negli Inediti:
E’ il carillon d’una torre gotica. Dante nel V canto ebbe
questa fantasia cavalleresca che trionfa dell’inferno latino. (“E’ il carillon”).
E nella descrizione della pianura di Romagna, in cui si sente l’eco del Canto XIV del Purgatorio. dove Dante ricorda con nostalgia l’antica Romagna e “le donne e i cavalier, li affanni e li agi, /
che ne ‘nvogliava amore e cortesia, riappare la figura di Francesca:
Occhi crepuscolari in paesaggio di torri là sognati sulle rive della guerreggiata pianura…
Ritorno
Presso Campigno 26 settembre
Laggiù nel crepuscolo la pianura di Romagna….dove si perde il grido di Francesca…, guerriera, amante, mistica, benigna di nobiltà umana, antica Romagna
Torna la visione disgregante di Campana sottolineata da Luigi Bonaffini che consente di affermare che i Canti Orfici sono un canto di un Myself del poeta che cerca e perde la propria Euridice e finisce, come Orfeo, lacerato e diviso.

Giovanni Tonelli: Ecco il Dino Campana che ho amato…

mercoledì 6 luglio 2022 molto volentieri pubblichiamo una riflessione di Giovanni Tonelli del 2002

Giovanni Tonelli
Non posso nascondere di provare un po’ di disagio nello scrivere di Dino Campana oggi.
Oggi, dopo l’uscita del film presentato a Venezia, che lo ha improvvisamente fatto conoscere al grande pubblico.
Un caro amico poeta, sinceramente Campaniano mi ha detto:”…se almeno il film spingesse anche solo una persona a leggere i Canti Orfici…”
Leggere i Canti Orfici, ecco il modo più diretto per avvicinarsi a Campana .Leggerli e basta,col rischio di restare perplessi e disorientati, come è successo a me dopo la prima lettura. Ma senza restare condizionati dalla diffidenza o dalla pietà umana che inevitabilmente ci attanaglia dopo che
si è stati informati sulla travagliata vita del poeta di Marradi.
Io ho sentito pronunciare per la prima volta il nome di Campana da Giuseppe Cangini, compositore di Forlì. Mi trovavo in treno e lamentavo la carenza di musicalità di tanta poesia moderna quando
l’amico musicista: “Campana! Ha mai letto Campana?…”non so se tra rocce il tuo pallido/viso m’apparve, o sorriso/di lontananze ignote /fosti…” Era “La Chimera”. Lo stesso giorno, acquistato il libro dei “Canti Orfici”, iniziò la mia conoscenza del nostro poeta. Un impatto duro, non accattivante. Un linguaggio ricco, alto,. aristocratico, senza
compromessi. Poi, gradatamente, scivolai attraverso le visioni di ponti ed archi e sagome nere di zingari in quella mistica atmosfera…era “la Notte”…Campana si presenta così, all’inizio dei “Canti Orfici, con quella prosa poetica che tanto lo caratterizza. E poi le liriche. E prima, a prenderci per mano “La Chimera”. Questo primo impatto si trasformò ben presto in una passione che mi spinse a realizzare ben quattro spettacoli teatrali su Dino Campana ed alla scrittura di un atto unico,”Varcando il ponte”, il tutto nel giro di un paio di anni. Ma…procediamo con ordine. Quale che sia la ragione che ci ha spinto a leggere le poesie di Campana, o l’amico musicista o il film, ora abbiamo di fronte questo libro.Apriamolo a caso…
…Vasto, dentro un odor tenue vanito/Di catrame, vegliato da le lune/Elettriche, sul mare appena vivo/Il vasto porto si addome./S’alza la nube delle ciminiere/Mentre il porto in un dolce scricchiolio/Dei cordami s’addorme…
Proviamo ora a leggere questi versi ad alta voce…la musica, ecco che esce la musica.E l’aspetto fonetico-musicale è di grande rilievo nel poeta di Marradi. Come lo è la conoscenza profonda che Campana aveva dei contemporanei. “Il vasto porto s’addorme “…questi sono versi dannunziani, alla faccia di chi vuole contrapporre il nostro al Vate…
Campana era poeta colto. Conosceva D’Annunzio, Whitman, Rimbaud. Ebbe una infatuazione per Nietzsche, per le sue teorie che il nostro”…tenta disperatamente di vivere, di attuare nei limiti e nell’ambito di una vita miserabile…con la dedizione e l’innocenza del credente, dell’iniziato,
dell’uomo che vuole elevarsi idealmente verso la bellezza apollinea, nobilitarsi alla luce dell’assoluto contro tutte le viltà e le povertà del quotidiano e del comune, anzi attraversando il fuoco della più amara e dionisiaca ebbrezza…per risvegliarsi nell’azzurro.”(Bonifazi)
Altro che il povero “matto del villaggio” che poteva parere ad alcuni suoi contemporanei… Ed ecco che il marchio è uscito fuori. La parola “matto” intendo. Campana fu inseguito per tutta la vita e poi raggiunto dalla follia. Rinchiuso nel 1906 ad Imola e poi rilasciato (vi resta dal 4 settembre al 31 ottobre),perseguitato da un’ansia ossessiva che gli faceva cambiare continuamente luogo,cercò tuttavia disperatamente di vivere disperatamente…ecco l’immenso uso degli avverbi
melodiosamente ripetuti, instancabilmente,ininterrottamente…
Un ritmo musicale, sensazioni di classicità, di atemporalità, di tensione verso l’assoluto…
…qual ponte, muti chiedemmo, qual ponte abbiamo noi gettato sull’infinito,che tutto ci appare
ombra di eternità? Ecco, ecco il ponte che Campana gettò tra la poesia ottocentesca e i moderni.
E l’amore,quella unica intensa passione che lo legò a Sibilla Aleramo(ecco il film)e che forse provocò la rottura di quel fragile equilibrio…causando il definitivo internamento nel manicomio di Castel Pulci nel 1918, dove il poeta resterà sino alla morte, avvenuta il primo marzo del 1932. Ed alla vanità delle umane passioni, anche delle più intense, il nostro Dino si riferisce in questi versi, dedicati proprio a lei, a Sibilla…”Vi amai nella città dove per sole/Strade si posa il passo illanguidito/Dove una pace tenera che piove/A sera il cuor non sazio e non pentito/Volge a un’ambigua primavera in viole/Lontane sopra il cielo impallidito…” Ecco il Dino Campana che ho amato e che continuo ad amare, nonostante il film…il grande poeta che tuttora mi fa rabbrividire quando le mie labbra, in questa sera di ottobre, sussurrano… Oro, farfalla dorata polverosa perché sono spuntati i fiori del cardo?In un tramonto di torricelle rosse perché pensavo ad Olimpia che aveva i denti di perla la prima volta che la vidi nella prima gioventù?…
Giovanni Tonelli 02 ottobre 2002

Iscriz. nel rg. del Tribunale di Firenze il 3/06/2010 n. 5780, Direttore Responsabile RAFFAELLA RIDOLFI